Le competenze: cosa sono e come usarle nell’orientamento

cosa sono le competenze
Cosa sono le competenze

I termini competenza e competenze sono diventati di uso molto comune nella formazione e nell’orientamento, ma non c’è un accordo univoco sul loro significato, ad esempio Di Fabio[1]  elenca nove definizioni diverse.

Lo scopo di questo articolo è spiegare le implicazioni per l’orientamento dei due approcci più comuni, che hanno avuto origine rispettivamente negli Stati Uniti e in Inghilterra.

Indice dei contenuti

Un glossario minimo delle caratteristiche personali

Nel leggere questo articolo, tieni a mente queste semplici definizioni.

Cosa sono le capacità tecniche

Le capacità tecniche sono capacità di svolgere attività basate su conoscenze tecniche. Si indicano con dei verbi, ad esempio saldare a stagno, gestire la fatturazione clienti, effettuare un’igiene dentale, riparare una foratura.

Vengono chiamate anche hard skills oppure competenze tecniche.

Cosa sono le capacità trasversali / capacità trasferibili

Le capacità trasversali, dette anche capacità trasferibili, sono capacità che non hanno un contenuto tecnico. Si indicano con dei verbi, ad esempio coordinare le attività di un gruppo di persone, programmare una serie di attività, fare calcoli mentali, memorizzare, negoziare, etc.

Queste capacità vengono chiamate trasversali (o trasferibili) perché sono capacità che è possibile utilizzare in professioni diversi. Ad esempio ci sono molte professioni che richiedono la capacità di negoziare.

Le capacità trasversali vengono chiamate anche competenze trasversali oppure altre volte soft skills. Fai attenzione che talvolta il termine soft skills viene usato per indicare solo le capacità trasversali di natura relazionale.

Molte capacità trasferibili appartengono a una delle due categorie: capacità trasferibili di natura cognitiva (ad esempio memorizzare, sintetizzare, calcolare a mente, leggere velocemente) e capacità trasferibili di natura relazionale (ad esempio collaborare, coordinare, insegnare).

A volte le capacità trasversali vengono chiamate anche attitudini. Il termine attitudine enfatizza che ognuno di noi è naturalmente più portato per certe capacità trasversali che per altre.

In genere si parla di attitudini quando si ha a che fare con persone giovani. Crescendo, grazie all’utilizzo e all’apprendimento, le attitudini diventano capacità trasversali o tecniche.

Ad esempio io posso essere portato per l’interazione con altre persone. Frequentare la scuola e gli amici mi permette di sviluppare questa attitudine, che diventa così capacità di interazione con gli altri.

Se frequento corsi di vendita svilupperò anche la capacità tecnica di vendere a clienti.

Hard skills più soft skills (intese in senso ampio) corrispondono alle skills.

Usando solo termini italiani possiamo dire che capacità tecniche più capacità trasversali costituiscono le capacità.

Cosa sono gli atteggiamenti

Gli atteggiamenti sono una modalità tipica di affrontare gli accadimenti di vita, di svolgere determinati compiti o di relazionarsi con gli altri. Gli atteggiamenti indicano con aggettivi, ad esempio distratto, sbrigativo, ottimista.

Cosa sono i valori professionali

I valori professionali sono il fattore che motiva ogni persona al lavoro. Vengono esplicitati chiedendo: Cosa è importante per lei sul lavoro? Le risposte variano da persona a persona. Ad esempio: Esprimere la mia creatività, Lavorare in autonomia, Aiutare gli altri, Stare a contatto col pubblico, Guadagnare molti soldi,

Cosa sono gli interessi professionali

L’interesse professionale è la preferenza per svolgere specifiche professioni o professioni che hanno determinate caratteristiche. Si indicano utilizzando dei nomi di professioni o riferendosi ad aree o ambiti professionali. Emergono ponendo la domanda: Che lavoro le piacerebbe svolgere? Le risposte possono essere le più diverse, ad esempio: idraulico, insegnante, agente immobiliare.

A questo punto posso iniziare col mio articolo vero e proprio.

Competenza, sostantivo singolare non numerabile

Il termine competente nel suo significato di Capace di svolgere bene un determinato compito o professione non crea difficoltà interpretative.

Con questo termine ci riferiamo a quello che una persona sa fare, indipendentemente da come lo ha imparato. Si valorizza cioè l’apprendimento non formale in contrapposizione ad esempio a diploma, laurea, qualifica ottenuta attraverso un corso di studi.

In questa accezione il termine viene usato sempre al singolare e non è numerabile, vale a dire non può essere contato; la competenza è solo una.

Attenzione al passaggio da Capace di svolgere bene un determinato compito a Ha la competenza.

Ma qual è, qui, il significato del termine competenza? Ci sono due possibilità.

Competenza come termine generico

Nella prima possibilità il termine competenza non viene spiegato ulteriormente. La competenza, cioè, è una generica caratteristica propria di chi è competente. Facciamo cioè lo stesso ragionamento di chi dice che una persona è bella perché ha la bellezza, o è buona perché ha la bontà.

E’ evidente che se sto cercando di spiegare cos’è la competenza e dico che la competenza è quella caratteristica che hanno le persone competenti non spiego nulla, sto solo facendo un ragionamento circolare, vale a dire, in linguaggio filosofico, una tautologia. Spiegare al contrario vuol dire rendere più chiaro, illustrare qualcosa attraverso altri termini o concetti.

Inoltre, se dico che si è competenti perché si possiede la competenza, senza spiegare ulteriormente cosa si intende per competenza, sto facendo anche una reificazione, vale a dire sto usando un termine (competenza) che ho lasciato generico come se invece fosse un concetto specifico dotato di caratteristiche proprie.

Competenza come termine che ha un significato specifico

La seconda, migliore, possibilità è spiegare cos’è la competenza senza fare un ragionamento circolare.

Ad esempio lo studioso francese Guy Le Boterf (citato in Fondazione Agnelli (2018, posizione 738 di Kindle)) afferma che la competenza è la capacità di utilizzare le proprie risorse personali per far fronte a un determinato compito (il termine usato da Le Boterf è mobiliser, traducibile come mobilizzare).

Per Le Boterf la competenza è così una capacità di natura procedurale e metacognitiva. Su questa concezione tornerò dopo.

Vediamo adesso i significati del termine competenze (usato sempre al plurale).

Due modi per individuare una persona competente

Quando esaminiamo una persona mentre lavora, vediamo come alcune delle sue caratteristiche personali (conoscenze e capacità tecniche, capacità trasversali, atteggiamenti, etc.) determinano la sua prestazione lavorativa (in inglese performance).

Nella parte sinistra dell’infografica, i numeri sotto ciascuna caratteristica personale indicano che per ogni professione saranno richieste varie conoscenze / atteggiamenti / capacità / altri fattori.

Ad esempio per un operatore di orientamento, la conoscenza 1 potrebbe essere quella del mercato del lavoro, la 2 quella delle tecniche di ricerca di lavoro, la 3 quella della normativa sul lavoro, etc).

Queste caratteristiche personali possono agire da sole o combinate con altre, ad esempio le capacità di ascolto, comunicazione, delega, coordinamento e l’intraprendenza possono essere combinate assieme a formare la sovraordinata capacità di leadership.

Per individuare una persona competente, possiamo concentrarci su due aspetti diversi.

L’approccio americano alla competenza

Nell’approccio americano alla competenza esaminiamo se la persona ha le caratteristiche personali da cui dipende secondo noi una prestazione lavorativa di buon livello. Ci concentriamo cioè sulle caratteristiche personali, riportate nella parte sinistra dell’infografica. Definiamo questa impostazione approccio americano alla competenza perché è stata sviluppata negli Stati Uniti da McClelland, Boyatzis e altri.

Questa modalità viene di solito utilizzata quando non è possibile osservare direttamente una persona svolgere una determinata attività, come ad esempio nella selezione del personale.

L’approccio inglese alla competenza

L’approccio inglese alla competenza consiste invece nell’osservare la persona mentre svolge determinati compiti lavorativi, e verificare se riesce a svolgerli secondo parametri ottimali predefiniti.

In questo approccio concentriamo l’analisi sul livello della prestazione nei diversi compiti (tasks) che caratterizzano una determinata attività (job), vale a dire sulla parte destra dell’infografica.

Definiamo questo approccio come approccio inglese alla competenza perché nel Regno Unito è utilizzato nei National Occupational Standards[3].

Questa modalità viene di solito utilizzata quando è possibile osservare direttamente la persona mentre svolge una determinata attività.

In questo approccio possono essere esaminate anche alcune caratteristiche personali (per esempio le conoscenze tecniche) perché questo rende più rapido e affidabile il processo di analisi, anche se tali caratteristiche personali sono in genere sempre collegate a un determinato compito lavorativo (ad esempio Sulla base di quali criteri scegli i tuoi utensili per lavorare legno stagionato?).

Le differenze fra i due approcci

La differenza fra i due approcci è ben evidenziata immaginando due spezzoni di colloquio di valutazione condotti secondo ciascuno dei due approcci.

Un colloquio di analisi della competenza con l’approccio americano

Nel colloquio condotto secondo l’approccio americano le domande saranno del tipo:

  • Che cosa è importante per lei sul lavoro?
  • Quali pensa che siano i suoi punti forti e deboli?
  • Quali strategie adotta contro lo stress?

Oppure, seguendo le modalità della BEI Behavioral Event Interview[4] di McClelland:

  • Mi descriva il peggior progetto a cui ha lavorato
  • Mi descriva un periodo in cui è stato costretto a collaborare con qualcuno che non le andava a genio
  • Mi racconti un risultato positivo che ha ottenuto lavorando in un team.

Un colloquio di analisi della competenza con l’approccio inglese

Al contrario un’intervista condotta secondo l’approccio inglese, ad esempio per valutare la professionalità di un operatore nello svolgimento di colloqui di orientamento, sarà basata su domande del tipo:

  • Quali sono le fasi principali di un colloquio?
  • In un colloquio, in che modo spiega il suo ruolo / spiega in che modo è assicurata la privacy dei dati raccolti / segnala che il tempo è limitato / chiede permesso di prendere appunti / segnala che il tempo è quasi terminato / termina il colloquio?
  • Quali autori o teorie segue quando svolge colloqui?
  • Quali possono essere le principali difficoltà nel condurre colloqui?
  • In che modo le affronta?

Limiti dell’approccio americano alla competenza

L’approccio americano ha due limiti principali.

La confusione terminologica

Le caratteristiche personali sono chiamate competenze (plurale, in inglese competencies), e così abbiamo che la competenza dipende dalle competenze, e questo crea un numero infinito di malintesi.

Analizzare le caratteristiche personali è più difficile che analizzare la prestazione

Osservare una prestazione è di solito un metodo più affidabile per giudicare la competenza di una persona rispetto a un sistema che richiede di definire una serie di caratteristiche personali da cui dipende una buona prestazione lavorativa e verificare la loro presenza e quantità nella persona.

Genesi ed evoluzione dell’approccio americano alle competenze

La definizione di McClelland

Nell’approccio americano col termine competenze (sostantivo numerabile, usato di solito al plurale) si indica (definizione n.1.a.):

  • ogni caratteristica personale che (di solito combinata assieme ad altre) permette lo svolgimento eccellente di una specifica mansione in una determinata impresa.

Possono ad esempio essere considerate competenze: conoscenze, capacità trasversali, capacità tecniche, tratti caratteriali, atteggiamenti, attitudini, credenze di autoefficacia, autostima, etc. Si considerano competenze anche caratteristiche di natura fisica quali ad esempio tempo di reazione e acutezza visiva[5].

In questa accezione le competenze sono le cause a monte, che precedono e rendono possibile la buona prestazione lavorativa. Vale la pena di evidenziare che in questa definizione le competenze non sono elementi reali allo stesso modo di caratteristiche personali quali capacità e interessi.

Il termine competenza è solo un termine generico e sovraordinato (un’etichetta) utilizzato per indicare, fra tutte le possibili caratteristiche personali esistenti, quelle di volta in volta ritenute significative. Il termine permette di riferirsi a tali fattori senza doverli ogni volta elencare.

La suddivisione delle competenze

I fattori (cioè le competenze) solitamente individuati da questo modello possono essere suddivisi in tre grandi categorie[6]:

  • le conoscenze, cioè i saperi di natura tecnica (es: come si salda a stagno) e generale (es: che cos’è un contratto di lavoro);
  • le capacità di ordine tecnico (es: saper saldare a stagno) o trasversale (es: saper comunicare in maniera efficace);
  • altre caratteristiche personali (ad esempio tratti caratteriali, interessi e valori professionali, attitudini, acutezza visiva, etc.).

Origine di questo approccio

Storicamente questa impostazione deriva come già detto dal lavoro dallo psicologo americano David McClelland che in un articolo del 1973[7] afferma che i test di attitudine allo studio, di cultura scolastica e i titoli di studio non sono in grado di predire il successo professionale, ma è necessario mettere a punto test di altro tipo e considerare anche fattori diversi da quelli tradizionali.

McClelland avvia così un filone di studi volto a individuare quali siano i fattori di altro tipo.

Riguardo ai test, nel suo articolo McClelland sostiene che i test devono verificare direttamente lo svolgimento delle prestazioni desiderate, vale a dire che il modo migliore per verificare se una persona sa guidare la macchina è osservarla mentre è alla guida (p.10).

Riguardo ai fattori di altro tipo, McClelland, dopo aver evidenziato la necessità di tenere comunque in considerazione caratteristiche tradizionali quali capacità di lettura, scrittura e calcolo, cita (9-10)

  • cortesia verso il cliente (è una capacità relazionale),
  • capacità di comunicazione (fa riferimento alla comunicazione scritta e alla capacità di comunicare anche non verbalmente in maniera congruente a un determinato contesto),
  • pazienza (atteggiamento),
  • capacità di scegliere obiettivi realistici (atteggiamento),
  • sviluppo dell’io (variabile di personalità).

Negli anni ’60 la psicologia americana dedicava pochissima attenzione ai tratti di personalità[8] e l’articolo di McClelland ha il merito di indicare questa nuova direzione di indagine.

La sua impostazione ha avuto un forte impatto nelle modalità di gestione del personale, dando origine a pratiche quali la formazione e la gestione del personale per competenze, e si è diffuso anche in Paesi non anglosassoni quali ad esempio la Francia.

In McClelland le competenze sono relative a prestazioni eccellenti in una mansione svolta in una impresa specifica

Vale la pena di notare che McClelland intende identificare solo le caratteristiche che assicurano una prestazione eccellente e che le competenze identificate sono mansione e impresa specifiche, vale a dire sono definite ed esistono solo con riferimento a una specifica mansione lavorativa svolta all’interno di una determinata impresa[9].

Ad esempio la capacità di parlare il tedesco per McClelland è una competenza solo se costituisce un elemento essenziale per l’efficace svolgimento di un determinato ruolo in una determinata impresa.

Per McClelland esistono così un gran numero di costellazioni di competenze (competency models) ciascuna di esse relativa a una mansione e a una impresa determinata.

La definizione di Boyatzis

Nel 1981 Richard Boyatzis, un collaboratore di McClelland, passa in rassegna alla ricerca di elementi comuni le competenze individuate nelle centinaia di costellazioni di competenze messe a punto fino allora, e, alla ricerca di una definizione che possa includerle tutte, definisce la competenza come:

  • una caratteristica individuale da cui dipende una prestazione efficace o di livello superiore in una determinata attività. Può trattarsi di una motivazione, un tratto caratteriale, una capacità, un aspetto dell’immagine di sé o della propria identità sociale, o un insieme di conoscenze che la persona usa

(nella versione originale: an underlying characteristic of an individual, which is causally related to effective or superior performance in a job’ which could be ‘a motive, trait, skill, aspect of one’s self image or social role, or a body of knowledge which he or she uses)[10]

Nel suo lavoro inoltre Boyatzis individua un nucleo di competenze trasversali che tutti i managers eccellenti, qualunque sia il loro contesto lavorativo, tendono ad avere.

Anche se per Boyatzis le competenze rimangono comunque mansione e impresa specifiche, la sua definizione estremamente ampia apre la strada (nel bene e nel male) al concetto di competenza come un generico attributo personale slegato da un contesto lavorativo specifico, anche se pur sempre collegato a una effective or superior performance.

In questa accezione possiamo definire la competenza come (definizione 1.b.):

  • ogni caratteristica personale che (di solito combinata assieme ad altre) può dar luogo a una generica buona prestazione lavorativa.

La 1.a. e la 1.b. sono le definizioni classiche utilizzata nella gestione delle risorse umane e nella formazione aziendale.

La definizione di Le Boterf

Guy Le Boterf è uno studioso francese che si occupa di competenze. Secondo Le Boterf la competenza è la capacità di utilizzare le proprie risorse personali per far fronte a un determinato compito.

In che modo questa definizione si inserisce nello schema che sto delineando?

Ho spiegato sopra che le caratteristiche personali permettono la prestazione lavorativa. Queste caratteristiche personali possono essere considerate a vari livelli. Immagina un triangolo. A livello 1 posso dire che la prestazione è resa possibile dalle  caratteristiche personali, e le chiamo tutte competenze.

Ma posso anche prestare attenzione a un livello 2, sovraordinato, cioè superiore, dove si trovano caratteristiche personali complesse, rese possibili dalla combinazione delle caratteristiche personali di base. Un esempio di capacità sovraordinata è la capacità di leadership, resa possibile dall’uso congiunto delle capacità di ascolto, comunicazione, delega, coordinamento e intraprendenza.

In questo caso posso scegliere se utilizzare il termine competenze per indicare sia le caratteristiche di base che quelle sovraordinate, oppure posso indicare le caratteristiche di base con un altro termine (ad esempio posso chiamarle risorse) e riservare il termine competenze solo alle caratteristiche sovraordinate.

A questo punto torniamo a Le Boterf. Le Boterf introduce un terzo livello al vertice dove si trova una unica capacità, che lui chiama competenza, che permette di combinare assieme le proprie risorse personali per far fronte ai diversi compiti. Tutte le altre caratteristiche personali vengono invece chiamate risorse.

Registro Nazionale Orientatori promosso da L. Evangelista
Lavori nel settore? Iscriviti al Registro!

Una definizione di competenze per l’orientamento

Negli ultimi anni si è diffusa in Italia, negli ambiti dell’orientamento, dell’istruzione e della formazione non aziendale una ulteriore variante dove manca il riferimento alla buona prestazione lavorativa. In questo caso per competenza si intende (definizione 1.c.):

  • ogni caratteristica personale genericamente utilizzabile sul lavoro, indipendentemente dal contesto di lavoro e dal livello di prestazione ottenibile col suo utilizzo.

In questa impostazione aggiornata le competenze finiscono per indicare tutte quelle caratteristiche personali genericamente utilizzabili sul lavoro, indipendentemente dal contesto di lavoro e dal livello di prestazione ottenibile col loro utilizzo.

Il riferimento alla buona prestazione lavorativa è andato perso perché molte delle persone in percorsi di istruzione, formazione o in orientamento sono ancora lontane da un contesto lavorativo (e dunque la qualità della loro prestazione lavorativa non è misurabile né prevedibile) o non sono necessariamente in grado di assicurare prestazioni lavorative di buon livello.

Così le competenze, indipendentemente dal livello di prestazione che riescono ad assicurare, sono diventate semplicemente le risorse personali da utilizzare sul lavoro.

L’evoluzione dei riferimenti alle caratteristiche fisiche

Vale la pena di notare in maggior dettaglio l’evoluzione dei riferimenti alle caratteristiche personali di natura fisica.

Nella definizione di Boyatzis (1981) non ci sono riferimenti a caratteristiche fisiche.

In quella di Spencer e Spencer del 1993 ci si riferisce solo a caratteristiche fisiche dinamiche, quali appunto acutezza visiva e tempo di reazione.

Nella definizione di competenza come generica risorsa personale utilizzabile sul lavoro possono invece essere considerate anche caratteristiche fisiche statiche quali ad esempio altezza e bella presenza.

Elaborare un profilo di competenze diventa allora semplicemente elaborare un inventario statico di quei fattori posseduti dalla persona (le risorse personali) che il consulente, sulla base delle proprie teorie di riferimento, ritiene utilizzabili per l’attività lavorativa.

Dell’impostazione iniziale rimane però l’idea che la prestazione lavorativa dipende non solo dall’intelligenza generale e dalle conoscenze tecniche, ma anche da altri elementi quali ad esempio tratti e valori personali.

L’evoluzione in sintesi

Riassumendo, il significato del termine competenza si è trasformato nel tempo:

  • inizialmente si trattava di un fattore personale che permette una eccellente prestazione lavorativa in una specifica mansione svolta all’interno di una specifica organizzazione (definizione 1.a.),
  • poi un fattore che può permettere una generica buona prestazione lavorativa (definizione 1.b.),
  • poi ancora un fattore semplicemente utilizzabile sul lavoro, senza riguardo alla qualità della prestazione (definizione 1.c.).

Caratteristiche comuni delle definizioni di competenze nell’approccio americano

Tutte le definizioni dell’approccio di derivazione americana hanno alcune caratteristiche comuni che vale la pena evidenziare.

Disomogeneità dei fattori

I fattori a cui è possibile riferirsi col termine competenza non sono omogenei.

Ad esempio un sapere tecnico e un interesse professionale sono entrambi definibili come competenze, ma hanno natura ed effetto sulla prestazione lavorativa assai diversi, perciò per evitare malintesi conviene sempre, quando possibile, indicare il nome del fattore piuttosto che utilizzare il generico termine competenza.

Ad esempio parlare di competenze di natura tecnica non permette di capire se ci riferiamo a un sapere (cioè una conoscenza acquisita) o a una capacità (cioè a un effettivo essere in grado di svolgere un determinato compito di natura tecnica).

E ugualmente affermare che vogliamo sviluppare le competenze non permette di capire a quali fattori ci riferiamo e di conseguenza che tipo di attività formative siano necessarie.

Inoltre, non è possibile mettere sullo stesso piano fattori e competenze, ad esempio non è possibile dire: Per ogni persona saranno rilevate capacità, attitudini, esperienze e competenze perché capacità, attitudini e esperienze sono già competenze.

Alcune competenze inglobano altre competenze

Un limite logico delle definizioni 1.b e 1.c. è che alcune competenze inglobano altre competenze. Ad esempio le capacità tecniche inglobano le conoscenze tecniche, perché senza conoscenze tecniche non sono possibili capacità tecniche.

Il modello ISFOL delle competenze

Negli anni l’approccio americano alla competenza ha saputo inglobare vari sviluppi teorici provenienti dallo studio della personalità e della cognizione. Ad esempio è stato possibile inserire senza difficoltà nel modello (fra le capacità trasversali o le altre caratteristiche personali) la metacognizione, l’autostima e il senso di autoefficacia, l’intelligenza emotiva.

Rientra all’interno dell’approccio americano anche il cosiddetto Modello ISFOL delle competenze (ISFOL 1998), che distingue fra:

Le competenze di base

Sono conoscenze di carattere generale e capacità tecniche fondamentali per l’occupabilità e il diritto di cittadinanza che tutti i cittadini dovrebbero avere, quali ad esempio parlare inglese, saper usare un computer, saper cercare lavoro, sapere analizzare il funzionamento di un’impresa e conoscenze relative al diritto del lavoro e sindacale

Le competenze trasversali

Sono capacità trasversali, vale a dire non connesse a una specifica attività o posizione lavorativa, e che possono essere pertanto applicate in più ambiti lavorativi e di vita. Le competenze trasversali identificate da ISFOL sono: diagnosticare, relazionarsi, affrontare

Le competenze professionali

L’insieme delle conoscenze e delle capacità connesse all’esercizio efficace di determinate attività professionali nei diversi comparti/settori; sono costituite dalle conoscenze (i saperi) e dalle tecniche operative specifiche di una certa attività professionale che il soggetto deve presidiare per poter agire con competenza.

Il modello ISFOL ha due punti di debolezza: l’eterogeneità degli elementi raggruppati sotto lo stesso tipo di competenza (ad esempio col termine competenze di base sono indicate sia conoscenze che capacità trasversali) e la scelta degli elementi compresi sotto i termini competenze di base e trasversali.

Ad esempio fra le competenze trasversali sono comprese solo tre capacità trasversali, ma altre potrebbero essere aggiunte.

Genesi ed evoluzione dell’approccio inglese alle competenze

Competenze come comportamenti osservabili

Nell’approccio di derivazione inglese col termine competenza si indica (definizione n.2):

  • un determinato compito lavorativo che la persona è in grado di svolgere secondo un livello predefinito.

In questa accezione le competenze sono comportamenti osservabili propri di una certa mansione che la persona è in grado di svolgere secondo uno standard di prestazione prefissato.

In questo caso indicare le competenze di una persona significa elencare i principali compiti lavorativi propri di una determinata mansione che la persona è in grado di svolgere.

Questo approccio deriva come già detto da quello sviluppato nel Regno Unito, dove per un gran numero di professioni sono stati elaborati una serie di standard di prestazione (National Occupational Standards[11]) che è necessario soddisfare per essere considerati in grado di svolgere una determinata attività lavorativa.

Ad esempio un operatore di orientamento dovrà essere in grado di padroneggiare un certo numero di compiti lavorativi (denominati functions e descritti in units[12]) quali ad esempio stabilire un buon contatto iniziale col cliente, interagire col cliente usando telefono e posta elettronica, aiutare il cliente a prendere decisioni, cooperare con altri servizi, etc.

Nell’uso corrente in Italia, contrariamente a quanto avviene nel Regno Unito, i diversi compiti sono chiamati competenze, e così è possibile parlare ad esempio delle principali competenze dell’operatore di orientamento riferendoci ai principali compiti operativi che questa figura deve essere in grado di svolgere.

È chiaro come una impostazione di questo tipo permette agevolmente il riconoscimento dell’apprendimento non formale, perché enfatizza quello che una persona sa fare piuttosto che come l’ha imparato.

I National Occupational Standards permettono di ottenere qualifiche professionali (cioè essere abilitati allo svolgimento di una determinata professione, ad esempio consulente di orientamento) anche senza aver svolto percorsi formali di studio o formazione.

Un problema evidente soprattutto con questo approccio è quanto andare in dettaglio, ad esempio i 37 compiti lavorativi identificati per gli operatori di orientamento potrebbero essere condensati o esplosi in un numero minore o maggiore.

L’approccio inglese è stato adottato in Italia per i dispositivi regionali delle competenze acquisite in contesti non formali e informali[13].

Origine dell’approccio inglese

L’approccio inglese è stato sviluppato negli anni ’80 del secolo scorso grazie alla revisione del settore formazione professionale che portò nel 1986 alla creazione del National Council for Vocational Qualifications (NCVQ)  e alla  Management Charter Initiative (MCI), promossa a partire dal 1987 dal Council for Mangement Education. Vedi il contesto e gli obiettivi del MCI nella conferenza di Banham J. (1989) On Professionalism and Professions: The Management Charter Initiative. Vedi un resoconto delle due iniziative (NVQ e MCI)  in Thompson J.E., Carter S. (1995) The Development of Competence: National Standards for Managers nel volume  Corporate Training for Effective Performance, pp 13–31. La MCI ha poi sviluppato l’elenco dei compiti (cioè le competenze, nell’approccio inglese) utilizzato nel NQV per chi copre il ruolo di manager.

I due approcci a confronto e una sintesi

Che rapporti ci sono fra l’approccio americano e quello inglese?

L’approccio inglese si riferisce a uno standard minimo accettabile, mentre quello americano, nelle definizioni 1.a. e 1.b. a quegli elementi (ad esempio capacità trasversali o atteggiamenti particolarmente sviluppati, oppure speciali capacità tecniche) che rendono una prestazione eccellente, cioè superiore allo standard.

L’approccio inglese si riferisce a una professione specifica, mentre le definizioni 1.b. e 1.c. si riferiscono a caratteristiche utilizzabili in più di una professione.

Le capacità tecniche dell’impostazione americana sono spesso parcellizzate e si riferiscono spesso al contenuto strettamente tecnico del compito, mentre le units inglesi sono assai più ampie e includono tutti gli elementi (e non solo le capacità tecniche) necessari al buon svolgimento del compito lavorativo.

Ad esempio con riferimento all’attività di un receptionist nell’impostazione americana saper utilizzare il computer è una competenza, mentre nell’impostazione inglese la competenza è gestire le prenotazioni e saper utilizzare il computer è solo una componente della stessa.

Infine, nell’approccio inglese le competenze (units) sono state introdotte per validare una prestazione reale, mentre nell’approccio americano le competenze hanno la funzione di prevedere una buona performance.

Entrambe le definizioni hanno ragione di esistere, però quando leggiamo o usiamo il termine competenze è importante avere chiaro a quale delle due definizioni ci riferiamo, perché non sono compatibili.

Ad esempio creo confusione se dico: Grazie alle sue competenze trasversali ha una buona competenza nella relazione di aiuto.

Possiamo riportare i diversi significati in una tabella.

L’analisi delle competenze

È utile distinguere fra identificazione e validazione delle competenze.

Con identificazione delle competenze intendiamo un’attività che ha semplicemente lo scopo di individuare quali competenze sono possedute da una persona, senza misurarne il livello.

La validazione delle competenze è invece un’attività di rilevazione che permette di riconoscere come certe e di misurare le competenze personali.

L’individuazione delle competenze nell’orientamento

Nelle attività di orientamento si fa l’individuazione delle competenze (quelle intese come caratteristiche personali, vedi definizioni 1), e non la misurazione, per vari motivi che elenco qui di seguito.

Gli operatori di orientamento non sono in grado di misurare le caratteristiche personali

Nessun singolo operatore di orientamento è in grado di misurare tutte le caratteristiche personali.

Con clienti diversi l’operatore di orientamento dovrebbe ad esempio misurare la conoscenza del russo, della capacità di utilizzo del linguaggio di programmazione python, della capacità di guidare una macchina di movimento terra, etc.

La misurazione delle capacità tecniche richiede una struttura dedicata e il coinvolgimento di molti esperti diversi che negli sportelli di orientamento non sono disponibili.

Se l’operatore fosse uno psicologo potrebbe misurare le caratteristiche psicologiche rilevanti per l’inserimento lavorativo (atteggiamenti, capacità trasversali, etc.), ma questo non avviene per i motivi spiegati ai punti successivi.

Orientare e misurare le competenze sono servizi diversi

Gli utenti che hanno necessità di veder misurate le proprie caratteristiche (ad esempio per ottenere una qualifica attraverso la certificazione delle competenze) non necessariamente hanno bisogno di orientamento; perciò, misurare e orientare sono due servizi diversi, che vanno tenuti distinti.

Quando intendono procedere a un’assunzione, le imprese vogliono verificare direttamente le caratteristiche personali dei candidati e lo fanno con riferimento a una posizione specifica.

Le imprese vogliono misurare direttamente e caratteristiche personali

Una misurazione delle caratteristiche personali fatte durante le attività di orientamento sarebbe generica (non c’è una specifica posizione lavorativa da ricoprire) e danneggerebbe la qualità della relazione operatore-utente (che cercherebbe di apparire al meglio, anche barando sulle proprie caratteristiche).

Infine, le imprese potrebbero ritenere i risultati poco credibili perché non li hanno ottenuti direttamente.

L’operatore di orientamento si limita a identificare alcune caratteristiche personali

Per questi motivi, durante l’attività di consulenza di orientamento (specialmente se è svolta con l’approccio educativo) l’operatore si limita a identificare determinate caratteristiche personali (cioè ne verifica la presenza) sulla base delle dichiarazioni del cliente.

Ovviamente l’operatore valuta la verosimiglianza di quello che il cliente gli dice, e se non è convinto approfondisce col cliente (ad esempio: Che rapporto c’è fra i suoi numerosi licenziamenti e la sua capacità, di cui mi ha parlato, di inserirsi facilmente in ogni ambiente lavorativo?), ma questo è cosa diversa da misurare.

La certificazione delle competenze

La validazione delle competenze (intese come compiti lavorativi che la persona è in grado di svolgere secondo un livello predefinito, definizione 2) viene invece fatta durante il processo di certificazione delle competenze acquisite in contesti non formali e informali.

La certificazione, attiva al momento in alcune regioni italiane, permette di ottenere una qualifica o un credito formativo senza frequentare un corso di formazione, semplicemente richiedendo ai centri per l’impiego o ad altri operatori autorizzati di sostenere una verifica della propria professionalità. Il sistema dovrebbe essere attivato in tutte le regioni entro il 2023[14].

Nelle attività di identificazione le competenze sono una grandezza discreta, o ci sono o non ci sono; non interessa misurarle, ma solo rilevare la loro presenza. Il metodo più semplice per identificare molte conoscenze e capacità tecniche è l’esame del percorso formativo e professionale.

Nell’attività di validazione le competenze sono invece una grandezza continua che si intende misurare in maniera il più possibile oggettiva e a questo scopo in genere si integrano tecniche di diverso tipo.

Come validare le competenze intese come compiti lavorativi

Le competenze intese come compiti lavorativi che la persona è in grado di svolgere secondo un livello predefinito (definizione 2) possono essere validate con una serie di metodi (spesso utilizzati in maniera integrata) quali ad esempio:

  1. l’osservazione della persona sul posto di lavoro,
  2. simulazioni di compiti e situazioni lavorative
  3. la discussione di case studies
  4. testimonianze dei colleghi e dei supervisori
  5. l’esame di documentazione prodotta durante il lavoro
  6. l’esame di prodotti del lavoro, ad esempio organizzati in portfolio[15]
  7. l’esame del percorso formativo e professionale pregresso.

Come misurare le caratteristiche personali

Le competenze intese come caratteristiche personali (definizioni 1) possono invece essere misurate con sistemi diversi a seconda della loro natura.

  • le capacità di natura tecnica possono essere misurate coi sistemi già indicati sopra.
  • le conoscenze di natura tecnica possono essere misurate tramite colloqui, prove scritte, l’esame di prodotti del lavoro.
  • capacità trasversali, atteggiamenti, valori e interessi professionali, autoefficacia e simili possono essere misurati con test o, alcuni di essi, con la BEI, Behavioral Event Interview. La BEI consiste nell’intervistare, all’interno della stessa impresa, un gruppo di dipendenti che lavorano nella media e un altro che lavora meglio della media chiedendo a entrambi di descrivere esperienze lavorative di successo e di insuccesso. Dalle interviste vengono identificati una serie di comportamenti da cui si risale alle competenze[16].

Orientamento e competenze

Come sappiamo, una parte dei clienti che si rivolgono ai servizi di orientamento non hanno una professione obiettivo, cioè non sa che professione vorrebbe svolgere.

La lezione di Parsons

Secondo Parsons[17]  le professioni obiettivo vanno individuate tenendo conto di tre grandi categorie di fattori:

  1. una conoscenza delle proprie caratteristiche, e in particolare di atteggiamenti, capacità, interessi, aspirazioni, risorse, vincoli personali
  2. la consapevolezza di quali sono le caratteristiche necessarie, i vantaggi e gli svantaggi, le retribuzioni, le opportunità e le prospettive nei diversi ambiti lavorativi e
  3. un ragionamento sulla relazioni fra i primi due gruppi di fattori.

Si discute sul significato da attribuire al ragionamento (true reasoning nella dizione di Parsons). L’idea è che esista una corrispondenza (anche se non rigida) fra determinate caratteristiche personali e la riuscita in determinati ruoli e ambiti professionali, e che le professioni obiettivo vadano scelte anche sulla base di tali caratteristiche.

In ogni caso la posizione di Parsons, quando elenca i fattori da cui dipende la buona prestazione lavorativa, è straordinariamente moderna. Parsons infatti cita già nel 1909 quei fattori di carattere personale la cui scoperta (nel 1973) farà la fortuna di McClelland.

Così seguendo Parsons, già dal 1909 gli operatori di orientamento che lavorano con persone senza una professione obiettivo le invitano ad approfondire la conoscenza delle proprie caratteristiche personali (incluse le conoscenze e capacità tecniche, in qualunque modo acquisite).

Alla luce della definizione di Parsons l’utilizzo nell’orientamento del concetto di competenza non sembrerebbe così segnare un gran passo in avanti, se non per la possibilità di utilizzare un linguaggio comune col mondo del lavoro e della formazione.

Utilità dei due approcci per l’orientamento

Quale dei due approcci alla competenza (l’americano o l’inglese) è più utile nell’orientamento? Il primo, per tre motivi:

  1. perché l’approccio di derivazione inglese non è utilizzabile con persone che non hanno mai svolto un lavoro (non hanno maturato competenze nel senso che non sono in grado di svolgere mansioni proprie di specifiche professioni)
  2. perché una buona parte dei disoccupati adulti, pur avendo sviluppato competenze secondo la definizione inglese cerca, per amore o per forza, un lavoro di tipo diverso. In questi casi l’approccio americano permette di spezzare le mansioni svolte nelle loro componenti, e valutare la possibilità del loro utilizzo in settori diversi, aumentando il numero delle professioni obiettivo perseguibili
  3. perché l’approccio di derivazione americana permette di valorizzare (anche agli occhi delle imprese che adottano una gestione delle risorse umane per competenze) adulti dequalificati e senza titoli di studio, attribuendo pari dignità alle capacità tecniche apprese in maniera non formale e a caratteristiche personali quali atteggiamenti, interessi e valori professionali.

Quali caratteristiche personali vengono rilevate nelle attività di orientamento

Quali sono le competenze che di solito vengono rilevate nelle attività di orientamento con persone che mancano di una professione obiettivo? Se esaminiamo alcune fonti italiane e straniere che riportano materiali a supporto della scelta della professione obiettivo[18] possiamo dire che le competenze rilevate sono quelle americane e che quelle competenze più popolari sono conoscenze e capacità tecniche, capacità trasversali, interessi e valori professionali.

Un punto da evidenziare è che nell’orientamento gli elementi che vengono rilevati sono più ampi delle competenze come definite da McClelland (1.a.) e Boyatzis e Spencer e Spencer (1.b.). Nell’individuazione di una professione obiettivo e del relativo piano d’azione si considerano anche i vincoli di natura personale e le caratteristiche fisiche statiche, che nelle definizioni 1.a. e 1.b. non rientrano fra le competenze.

Altri utilizzi del termine competenze

Come avrai capito, il termine competenze viene utilizzato con molti significati diversi. Qui abbiamo altri due esempi.

Competenze orientative

Le competenze orientative sono quelle capacità che permettono di gestire il più possibile in autonomia le proprie scelte scolastiche e professionali. Un altro termine che possiamo utilizzare per riferirsi alle le competenze orientative è competenze per la gestione della carriera (in inglese career management skills). Il termine competenze per la gestione di carriera però pone l’accento sull’età adulta (quella in cui si segue una carriera).

Trovi una spiegazione dettagliata nell’articolo Cosa sono le competenze orientative?

Competenze chiave europee

Le competenze chiave europee sono chiamate anche competenze di cittadinanza o competenze per l’apprendimento permanente.

Le competenze chiave europee sono un insieme di conoscenze, abilità e attitudini considerate essenziali per la formazione di un cittadino europeo attivo e competente nella società e nel mercato del lavoro odierni.

Trovi una spiegazione dettagliata nell’articolo Competenze chiave europee e orientamento professionale.

Le competenze in ambito scolastico

Per una spiegazione dettagliata del termine competenze nell’ambito dell’istruzione vedi il mio articolo Le competenze nei programmi scolastici.

Note

[1] Di Fabio A. (2002:13-30) Bilancio di competenze e orientamento formativo.

[2]

[3] https://www.ukstandards.org.uk/

[4] https://www.humanwareonline.com/wordpress/?p=5497

[5] Spencer L.M., Spencer S.M (trad. it.1995:31) Competenza nel lavoro.

[6] La suddivisione classica in inglese è KSA, vale a dire Knowledge, Skills e Attitudes (conoscenze, capacità e atteggiamenti), Winterton J., Delamare F., Le Deist E. (2005:40). Typology of knowledge, skills and competences: clarification of the concept and prototype. CEDEFOP, reperito il 23 ottobre 2020 a  https://www.cedefop.europa.eu/files/3048_en.pdf). Alcuni autori sostituiscono attitudes con il termine competence o competencies, riferendosi al più ampio settore delle abilità sociali. Ad esempio in Winterton et al. (2005:41) si parla di knowledge, skills and competences dove the term competence is a short-hand for social competence, anche se si sottolineano i rischi di questa scelta (vedi anche le tavole 1 e 2 rispettivamente a pag. 42 e 44). Vedi anche Kierstead, J. (1998:3). Competencies and KSAO’s. Reperito il 2 gennaio 2022 in https://web.archive.org/web/20060620091740/http://www.hrma-agrh.gc.ca/research/personnel/comp_ksao_e.asp

[7] McClelland, D. C. (1973). Testing for competence rather than intelligence. American Psychologist, 28(1), 1-14. Vedi una sintesi a questa pagina https://www.orientamento.it/a-summary-of-mcclelland-d-c-1973-testing-for-competence-rather-than-for-intelligence-american-psychologist-28-1-14/

[8] Carretta A., Dalziel M.M., Mitrani A. (trad. it. 1992:26) Dalle risorse umane alle competenze.

[9] Vedi McClelland in Spencer e Spencer (trad. it. 1995:29): Le competenze identificate attraverso questo metodo sono sensibili al contesto (cioè descrivono cosa fanno effettivamente gli imprenditori (…) di successo nelle loro organizzazioni’.

[10] Fonte: Boyatzis 1981, citato in Adams, K. (1997) Interview with David McClelland, disponibile in https://www.orientamento.it/interview-with-mcclelland/ e Carretta et al. (1992:28).

[11] https://www.ukstandards.org.uk/.

[12] Employment NTO (2002:2). National occupational standards what are they? Contenuto nel CD Advice, Guidance & Advocacy Standards. Nel CD si trova la descrizione delle 37 units relative agli operatori di orientamento.

[13] https://www.lavoro.gov.it/notizie/Pagine/Sistema-nazionale-di-certificazione-delle-competenze.aspx  Il sistema italiano di certificazione delle competenze è descritto in dettaglio nel mio libro La certificazione delle competenze spiegata semplice, disponibile su Amazon https://www.amazon.it/certificazione-delle-competenze-spiegata-semplice/dp/B08N3R7DJM/

[14] Il sistema italiano di certificazione delle competenze è descritto in dettaglio nel mio libro La certificazione delle competenze spiegata semplice, disponibile su Amazon https://www.amazon.it/certificazione-delle-competenze-spiegata-semplice/dp/B08N3R7DJM/

[15] il portfolio, o dossier delle evidenze, è una raccolta (concretamente si tratta in genere di un insieme di documenti conservati in un raccoglitore o di file conservati in una cartella) di tutto ciò che può dimostrare determinate competenze personali. È possibile distinguere fra: A. prodotti di attività pratiche (ad esempio: disegni, test di verifica di materie scolastiche, prove scritte in prosa o esercizi numerici, CD contenenti incisioni musicali, etc.), B. dichiarazioni di soggetti terzi riferite a conoscenze e capacità tecniche della persona, C. certificazioni di soggetti pubblici o privati quali diplomi, patentini, etc.. Viene in genere messo a punto dal cliente stesso sotto la guida di un consulente.

[16] Adams, K. (1997) Interview with David McClelland, disponibile in https://www.orientamento.it/interview-with-mcclelland/

[17] Parsons, F. (1909:5). Choosing a vocation. Una sintesi in https://www.orientamento.it/parsons-f-1909-choosing-a-vocation/

[18] Vedi ad esempio: Antoni G., Giaconi N. (2001), Trovare il lavoro che piace, Barrett J.,Williams G. (trad. it. 1992), Scoprite le vostre attitudini, Bolles R.N. (2005), What Color Is Your Parachute?, Fiordelli A., Nugnes G. (1995, 2’ ed.2004), Trovare lavoro non è solo questione di fortuna, Selvatici A, M.G. D’Angelo (a cura di) (1999), Il bilancio di competenze, University of Waterloo, Career Development eManual in http://www.cdm.uwaterloo.ca/

Sul bilancio di competenze ho realizzato l’e-book  Il bilancio di competenze spiegato semplice. Per imparare come svolgere un bilancio di competenze puoi seguire il mio corso Il Bilancio di competenze nell’orientamento oppure il Master in orientamento degli adulti. Vedi l’elenco di tutti i miei corsi

La prima versione di questo articolo è stata pubblicata sulla rivista Professionalità n.96, Apr-Giu 2007.

 

Articolo contenuto sul sito www.orientamento.it. Autore Leonardo Evangelista. Leonardo Evangelista si occupa di orientamento dal 1993.  Vedi le indicazioni relative a Informativa Privacy, cookie policy e Copyright.

Scrivici cosa ne pensi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.