Vita da formatore: tre modalità di analisi del bisogno formativo

L’analisi del fabbisogno formativo

Nel mondo della formazione professionale, la qualità dell’intervento dipende in gran parte dalla qualità dell’analisi del bisogno formativo. Nella pratica quotidiana dei formatori, questa fase cruciale è spesso trascurata, improvvisata o delegata. In questo articolo analizzeremo le tre principali modalità con cui viene affrontata – o evitata – l’analisi del bisogno formativo, evidenziandone vantaggi, limiti e implicazioni operative.

L’analisi “nella mente del formatore”

La prima modalità, la più istintiva e diffusa, è quella dell’analisi implicita, o “nella mente del formatore”. In questo caso, è il formatore stesso a dedurre quali siano i bisogni del gruppo di destinatari, sulla base della sua esperienza, delle sue conoscenze pregresse e, spesso, dell’intuito.

Pregi

Questa modalità è rapida, non richiede tempo o strumenti dedicati. È molto usata, ad esempio, da chi tiene corsi ricorrenti sullo stesso tema a target simili (come addetti alla vendita, operatori sociali, docenti, ecc.).

Limiti

Un possibile limite di questo approccio è che alcuni gruppi possono avere necessità specifiche, che emergono durante lo svolgimento dell’attività formativa. In questo caso il formatore deve essere in grado di modificare il suo programma in itinere e di farsi bastare il tempo predeterminato a disposizione.

L’analisi del bisogno fatta dal committente

Una seconda modalità molto diffusa è quella in cui il committente del corso –un’azienda, un ente pubblico o un’agenzia formativa – si fa carico di definire i bisogni formativi. Il formatore, in questo caso, riceve un brief, una richiesta, o più raramente una scheda progettuale già impostata.

Pregi

Il committente conosce i processi interni, gli obiettivi aziendali, le problematiche di produttività, clima o turn over, e può indirizzare la formazione verso aree ad alta priorità.

Limiti

Il problema nasce quando il committente non ha gli strumenti o il tempo per svolgere una vera analisi dei bisogni. A volte, ciò che viene richiesto è la risposta a un sintomo (“il personale non comunica”, “i capi non motivano”) senza aver diagnosticato la causa. Il rischio è che la formazione venga usata in modo simbolico – come gesto riparatorio – o che diventi un contenitore generico in cui riversare aspettative vaghe.

Inoltre, il committente può avere una visione parziale o distorta del reale bisogno formativo, basata sulle percezioni di chi è in posizione di potere, ma non necessariamente a contatto con i destinatari finali della formazione.

L’analisi del bisogno sul campo

La terza modalità, quella più rara ma più efficace, è l’analisi del bisogno sul campo. In questo caso, il formatore (o un progettista della formazione) svolge interviste, focus group, osservazioni dirette o questionari rivolti sia al committente che ai potenziali corsisti, con l’obiettivo di raccogliere dati significativi, ad esempio su:

  • competenze già possedute
  • difficoltà percepite
  • aspettative
  • desideri di cambiamento
  • vincoli organizzativi
  • clima relazionale
  • fattori motivazionali

Pregi

Questa modalità che consente di progettare una formazione su misura, fondata su un ascolto autentico delle persone. A volte il formatore può cogliere anche i non detti, le resistenze latenti, le motivazioni reali. Può adattare i contenuti, le metodologie e perfino lo stile comunicativo all’identità del gruppo.

Una analisi dei bisogni svolta in modo partecipato aumenta l’efficacia e il coinvolgimento durante il percorso formativo, perché i corsisti riconoscono nel corso una risposta concreta alle loro esigenze.

Limiti

Il limite è uno solo, ma decisivo: costa tempo e denaro. Richiede ore di lavoro dedicate alla raccolta e analisi dei dati, spesso non considerate dal committente, che tende a pagare solo le ore di docenza.

In molti contesti, specialmente nel settore pubblico o in progetti di piccole dimensioni, non c’è spazio per questa attività preliminare, anche se sarebbe fondamentale. La contraddizione è evidente: si chiede formazione “efficace e innovativa”, ma non si investe nella fase che più incide sulla sua efficacia.

Una variante minimalista: l’analisi iniziale delle aspettative

Una variante semplificata dell’analisi sul campo consiste nel chiedere ai partecipanti, nella prima ora del corso, di esprimere le loro aspettative. Si raccolgono in plenaria, su post-it, tramite un brainstorming o una attività in piccolo gruppo

Pregi

Questo approccio ha il pregio di favorire un primo ascolto, creare un clima di partecipazione, permettere qualche aggiustamento in corsa. È anche un gesto simbolico importante: mostra che il formatore non arriva con un “pacchetto chiuso”, ma è disposto ad accogliere le esigenze del gruppo.

Limiti

Ovviamente, è una soluzione parziale e non sostituisce un’analisi strutturata.

Conclusioni: tra pragmatismo e qualità

Il formatore non è un semplice esecutore di contenuti, ma un progettista dell’esperienza di apprendimento. E ogni buon progetto inizia da una domanda fondamentale: di che cosa hanno davvero bisogno le persone che sto per incontrare?

Tuttavia, ogni formatore, nel corso della sua attività, si trova a operare entro vincoli di budget, tempo e commesse. E’ compito suo trovare ogni volta il miglior compromesso fra vincoli e efficacia.

 

Articolo contenuto sul sito www.orientamento.it. Autore Leonardo Evangelista. Leonardo Evangelista si occupa di orientamento dal 1993 e di formazione dal 2004.  Vedi le indicazioni relative a Informativa Privacy, cookie policy e Copyright.