Una sintesi di Le pedagogie del 900, di Franco Cambi

Questo articolo riporta i principali contenuti e alcune citazioni dal libro di Cambi.

Identità del Novecento e ruolo della pedagogia

Nel corso del Novecento la pedagogia si è radicalmente RINNOVATA e ampiamente DIFFUSA. Questo è accaduto sotto la spinta della nuova SOCIETÀ DI MASSA (democratica e totalitaria), e ha diffuso processi educativi in tutta la società; in più si sono verificati importanti PROGRESSI SCIENTIFICI relativi all’apprendimento.

Nell’ambito della pedagogia come sapere ci sono state tre innovazioni:

  1. l’affermarsi delle SCIENZE DELL’EDUCAZIONE e lo sviluppo dell’epistemologia pedagogica (l’epistemologia pedagogica si occupa di chiarire quali sono gli oggetti di studio di tutte le discipline pedagogiche, quali sono i loro metodi di ricerca, quali sono i rapporti che intrattengono con le altre discipline, come si sono sviluppate storicamente). Da un approccio unitario e filosofico si è passati all’utilizzo di conoscenze che provengono da discipline diverse (sociologia, psicologia)
  • il costituirsi di un modello di PEDAGOGIA CRITICA, che si è imposto come un neoparadigma nel pensiero pedagogico di fine millennio, vedi i vari Don Milani, Freire, Illich, etc. e da qui la pedagogia ha recuperato ragionamenti filosofici
  • lo sviluppo della PEDAGOGIA SOCIALE: l’educazione lungo tutto l’arco della vita, quella dei richiedenti asilo, della famiglia, etc.

Sul piano, invece, delle pratiche sociali l’educazione e la pedagogia (qui vista come organizzazione, appunto, di pratiche) si sono ridefinite, nel corso del secolo, intorno a tre modelli:

  • quello dell’alfabetizzazione di massa
  • quello della cultura di massa attraverso i mass media
  • quello dell’educazione per tutta la vita, a causa di percorsi di carriera non lineari, etc.

A questo punto Cambi inizia a descrivere le varie correnti pedagogiche.

Master in Orientamento degli adulti
Master in Orientamento degli adulti

L’avventura dell’attivismo

Con questo approccio, la scuola si impose come istituzione-chiave della società democratica e si alimentò di un forte ideale libertario, dando vita tanto a sperimentazioni scolastiche e didattiche fondate sul PRIMATO DEL «FARE». L’ATTIVISMO è stato, quindi, una grande voce della pedagogia novecentesca, almeno fino agli anni Cinquanta. È stato, inoltre, un movimento internazionale – anche se soprattutto europeo e nordamericano –, che ha avuto larghissimo influsso nelle pratiche quotidiane dell’educazione, specialmente scolastica.

Esso ha realizzato un rovesciamento radicale dell’educazione, mettendo al centro

  • IL BAMBINO, i suoi bisogni e le sue capacità;
  • IL FARE che deve precedere il conoscere, il quale si evolve dal globale al distinto e che quindi si matura inizialmente su un piano «operatorio», come ha sottolineato Piaget;
  • l’apprendimento che pone al centro L’AMBIENTE e non il sapere codificato e reso sistematico.

Si è trattato di una «rivoluzione copernicana» che rompeva radicalmente col passato, con una istituzione scolastica formalistica, disciplinare e verbalistica, e con una pedagogia astratta e spesso metafisica.

L’infanzia va vista come un’età pre-intellettuale e pre-morale, nella quale i processi cognitivi si intrecciano strettamente all’operare e al dinamismo, anche motorio oltre che psichico, del fanciullo. Il fanciullo è SPONTANEAMENTE ATTIVO e necessita quindi di esser liberato dai vincoli dell’educazione familiare e scolastica, permettendogli invece una libera manifestazione delle sue inclinazioni primarie. La vita della scuola deve essere allontanata dall’ambiente artificiale e costrittivo della città; l’apprendimento deve avvenire A CONTATTO CON L’AMBIENTE ESTERNO, alla cui scoperta il fanciullo è spontaneamente interessato, e attraverso attività non esclusivamente intellettuali, ma anche di manipolazione, rispettando in tal modo la natura «globale» del fanciullo, che non tende mai a separare conoscenza e azione, attività intellettuale e attività pratica.

Le «scuole nuove» sono, inoltre, anche una voce di protesta, a volte di sapore quasi tardo-romantico, CONTRO LA SOCIETÀ INDUSTRIALE E TECNOLOGICA. Esse si alimentano in prevalenza, di una ideologia democratica e progressista, ispirata ad ideali di partecipazione attiva dei cittadini alla vita sociale e politica, di sviluppo in senso libertario dei rapporti sociali stessi, anche se connessa ad una concezione fondamentalmente individualistica dell’uomo.

L’esperimento delle «scuole nuove» fu avviato in Inghilterra da Cecil Reddie (1858-1932) che nel 1889 aprì ad Abbotsholme (presso Derbyshire) una scuola per ragazzi dagli 11 ai 18 anni che diresse fino al 1927.

Rientrano in questo filone anche John DEWEY, I BOY SCOUTS, LA SCUOLA CITTÀ PESTALOZZI DI FIRENZE promossa dai coniugi Codignola, MARIA MONTESSORI (posizione kindle 720).

Verso la fine degli anni Cinquanta, negli Stati Uniti e poi anche in Europa, l’attivismo viene sottoposto ad una radicale e drastica revisione. L’educazione attiva viene accusata di essere responsabile della formazione INSODDISFACENTE delle nuove generazioni sul piano DELL’EDUCAZIONE SCIENTIFICA e di avere condotto la scuola, con il permissivismo e con l’esaltazione della manualità che la contraddistinguono, a dimenticare le sue finalità essenzialmente culturali e cognitive.

L’idealismo italiano

La pedagogia come SCIENZA DELLO SPIRITO secondo Giovanni Gentile. Gentile dà vita a una pedagogia incentrata intorno ALL’IDENTITÀ SPIRITUALE del soggetto umano, a una pedagogia di opposizione ai modelli dominanti e restauratrice di un ordine educativo e scolastico che privilegia l’autorità e la tradizione.

Modelli di pedagogia marxista (1900-1945)

Gli aspetti specifici della pedagogia marxista possono essere indicati in:

  • un collegamento «dialettico» tra educazione e società, secondo il quale ogni tipo di ideale formativo e di pratica educativa RISENTE DI VALORI E INTERESSI IDEOLOGICI, connessi alla struttura economico-politica della società che li esprime e agli obiettivi pratici delle classi che la governano;
  • un legame, assai stretto, tra EDUCAZIONE E POLITICA, sia a livello di interpretazione delle varie dottrine pedagogiche, sia riguardo alle strategie educative rivolte al futuro, che si richiamano (devono richiamarsi) esplicitamente ed organicamente all’azione politica, alla praxis rivoluzionaria;
  • la centralità del LAVORO nella formazione dell’uomo ed il ruolo prioritario che esso viene ad assumere all’interno di una scuola caratterizzata da finalità socialiste;
  • il valore di una formazione integralmente umana di ogni uomo, che si richiama esplicitamente alla teorizzazione marxiana dell’uomo «onnilaterale», emancipato da condizioni, anche culturali, di subalternità e di alienazione;
  • l’opposizione, spesso decisamente frontale, ad ogni forma di spontaneismo e di naturalismo ingenuo, mettendo invece l’accento sulla DISCIPLINA E LO SFORZO, sul ruolo di «conformazione» che è proprio di ogni educazione efficace.

La pedagogia cristiana e il personalismo

Al di fuori dei principi generali comuni le differenze tra le varie posizioni pedagogiche ispirate al Cristianesimo sono state molto ampie, dalle posizioni più tradizionali e legate ad una realtà ancora preindustriale dell’Italia tardo-ottocentesca, ad esempio di un don Bosco, a quelle aperte alle esperienze dell’attivismo di un Manjon e di un Devaud, da quelle, assai articolate, al proprio interno, del personalismo da Förster a Mounier, a quelle del «dissenso» cattolico, ora legato al modernismo con Laberthonnière ora all’utopia comunitaria con l’esperienza di NOMADELFIA, ora alla «contestazione cattolica» degli ultimi anni Sessanta, con la lezione di DON MILANI e delle varie «comunità di base», negli anni Cinquanta e Sessanta.

Totalitarismi e educazione

I totalitarismi manifestano alcuni caratteri comuni, in particolare quello che si lega a una riarticolazione della educazione nelle società di massa; l’educazione – in esse – esce dalle agenzie tradizionali (famiglia e scuola, soprattutto) per chiamare in causa LO STATO e la sua capacità di GESTIRE IL TEMPO LIBERO DEI GIOVANI, per controllarli e socializzarli.

L’educazione delle masse non si elabora a partire dall’individuo, coltivandone la specificità e singolarità, bensì accorpando gli individui in stili di vita e in concezioni del mondo organico e coerente di educazione ideologica di massa, ispirata a principi razzistici e militaristici, capace di coinvolgere tutta la crescita delle giovani generazioni, attraverso la famiglia, la scuola e l’extrascuola.

La crescita scientifica della pedagogia

Nel Novecento si sviluppa enormemente la PEDAGOGIA SPERIMENTALE, crescono discipline nuove come la psicopedagogia o la sociologia dell’educazione, si attua una ricchissima indagine scientifica sul bambino (si pensi a Freud e a Piaget, a Vygotskij, etc.) o sull’apprendimento (ancora Piaget, ma anche Koehler o Wertheimer), ridisegnando in tal modo tutto l’orizzonte del sapere educativo, innervandolo di conoscenze scientifiche e di pratiche cognitive di tipo scientifico-sperimentale, avviando quel passaggio dalla pedagogia alle scienze dell’educazione che sarà pienamente conclamato e assunto come un punto-di-non-ritorno della pedagogia nel corso della seconda metà del secolo.

Il rapporto educativo viene oggettivandosi, uscendo dal rapporto a due, strettamente interpersonale, per ridefinirsi in termini meno soggettivi, aprendosi alla MISURAZIONE e alla LOGICA SPERIMENTALE, come pure alla contestualizzazione istituzionale nella quale sempre il rapporto docente-discente si colloca.

Sul piano della SOCIOLOGIA DELL’EDUCAZIONE i risultati sono stati altrettanto significativi. Dopo l’avvio con Durkheim, con Marx o con Weber la sociologia dell’educazione si è sviluppata intorno – soprattutto – alla scuola e al suo ruolo sociale, affrontando i temi dell’INTEGRAZIONE SOCIALE che essa promuove, la TRASMISSIONE DEI PREGIUDIZI che essa favorisce, la RIPRODUZIONE IDEOLOGICA che viene ad esercitare (su cui ha insistito poi – nel 1970 – Louis Althusser) o lo studio dei sistemi scolastici e delle loro peculiarità politico-sociali.

Un altro essenziale contributo scientifico alla pedagogia è venuto dalla psicoanalisi da un lato e dalla psicologia dell’età evolutiva dall’altro. Da Freud (Freud scientifico???) da un lato, da Piaget dall’altro.

La pedagogia cognitivistica: da Piaget a Gardner

Prende corpo una nuova concezione della pedagogia, scarsamente attenta ai problemi sociali dell’educazione e molto attenta a quelli DELL’APPRENDIMENTO e dell’istruzione, soprattutto scientifica. Concezione che si è articolata in ricerche psicopedagogiche SULL’APPRENDIMENTO e la COSTRUZIONE DEL LINGUAGGIO E DEI CONCETTI; in ricerche di teoria dell’istruzione che si colloca come mediatrice tra apprendimento e insegnamento, indicando a questo le procedure più generali; in ricerche didattiche, generali e speciali, che hanno prodotto TEORIE DEL CURRICOLO, TASSONOMIE DEGLI OBIETTIVI SCOLASTICI DI APPRENDIMENTO, analisi strutturali delle diverse didattiche disciplinari, dando così vita a un processo assai complesso che ha mutato radicalmente la concezione della pedagogia negli ultimi decenni, specializzandola in senso SCIENTIFICO e TECNICO (scolastico-istruttivo). I grandi interpreti di questa svolta psicopedagogica sono stati, soprattutto, PIAGET, VYGOTSKIJ E BRUNER.

Secondo Piaget la mente infantile è caratterizzata da un’intelligenza che muove da atteggiamenti animistici e soggettivistici, ma scopre e si adegua – gradatamente – all’oggettività e ad un uso formale sempre più astratto dei CONCETTI LOGICI, regolando il proprio processo di sviluppo attraverso i principi biologici dell’«assimilazione» e dell’«accomodamento». L’insegnamento deve favorire questo sviluppo.

Secondo Vygotskij l’acquisizione del PENSIERO FORMALE non è spontaneo, è culturale e diretto da quella «disciplina formale» di cui l’insegnamento è l’interprete e che favorisce «l’organizzazione dei concetti in un sistema».

Jerome Bruner fissa i caratteri dello sviluppo intellettuale infantile, ricordando che esso implica un complesso apparato SIMBOLICO, una interazione tra educatore ed educando, un ruolo primario affidato al linguaggio e una crescente coscienza di strategie alternative che, ugualmente, la scuola deve favorire. Inoltre Bruner avviava anche un riesame delle discipline di studio, auspicando un rinnovamento dei curricula in senso scientifico e una didattica delle varie scienze di tipo strutturalistico (impegnata a dar rilievo ai CONCETTI-CHIAVE, strutturali, delle diverse discipline, piuttosto che alle nozioni particolari, e capace di render comunicabili le scienze anche a partire già dalla seconda infanzia).

Howard GARDNER sostiene che le intelligenze sono quelle «logico-matematica», «corporeo-cinestetica», «spaziale», «linguistica», «musicale», «intrapersonale» e «interpersonale», che attivano diversi stili di pensiero e varie formae mentis le quali, però, nell’educazione devono integrarsi coordinandosi all’«obiettivo comprensione» e personalizzandosi. Ciò che muta, qui, è la stessa idea di intelligenza, non più facoltà ma fascio di abilità che si contrastano e si equilibrano, dotate ciascuna di caratteri specifici e formalmente distinti. Sta alla scuola favorire il passaggio dalle conoscenze proprie del bambino, acquisite nel suo processo di crescita, alla loro FORMALIZZAZIONE, e alla FORMALIZZAZIONE INTEGRATA.

Un ulteriore incremento in senso cognitivistico alla educazione è venuto dalle «teorie del curricolo» e dalle tecnologie educative, come pure dalle ricerche di psicopedagogisti impegnati nell’analisi del lavoro scolastico.

Benjamin S. BLOOM (1913-1999) in TASSONOMIA DEGLI OBIETTIVI EDUCATIVI del 1956 mette a fuoco una «pedagogia degli obiettivi» scolastico-educativi individuati in due aree (conoscitiva e affettiva): nella prima centrali sono conoscenza, comprensione, applicazione, analisi, sintesi, valutazione; nella seconda ricezione, risposta, valorizzazione, organizzazione, caratterizzazione del valore.

Il complesso itinerario compiuto dalla pedagogia cognitivistica e dai suoi «dintorni» ha prodotto un radicale rinnovamento della pedagogia scolastica, che l’ha resa più razionalizzata e più efficace, ma anche ha spostato l’asse della pedagogia sui processi di apprendimento, qualificandola in senso istruttivo, e assegnandole – in tal modo – un ruolo cruciale nell’ambito delle società industriali avanzate, contrassegnate dalla crescita delle informazioni e dalla diffusione delle tecnologie.

Il ’68: critica ideologica dell’educazione e pedagogie radicali

Molti intellettuali sostennero che gli interventi educativi e le teorizzazioni pedagogiche erano una ideologia espressione del dominio di classe capitalistico, e perciò non neutrale ma ideologicamente orientata.

Louis Althusser in Francia o Angelo Broccoli in Italia furono i teorici più espliciti di questo ideologismo. Si svilupparono ricerche tese a individuare sia la modalità di azione dell’ideologia dentro l’istituzione scolastica, sia le forme storiche assunte dall’ideologia nei vari momenti di sviluppo della scuola contemporanea.

La pedagogia fu demistificata, smascherata nei suoi processi, atteggiamenti e valori autoritari, nel suo collocarsi al servizio della società così-come-è, nel suo configurarsi come scienza che giustifica l’ordine voluto dal potere. La pedagogia è un sapere sempre schierato, ma che deve scegliere di schierarsi per l’emancipazione, per la liberazione dell’uomo, come soggetto-individuo e come genere.

In questo clima di revisione radicale vennero affermandosi alcuni modelli 2alternativi”, basati su principi e valori «altri» rispetto a quelli borghesi e capitalistici. Ivan Illich, Paulo Freire, Don Milani. Varie le pratiche: l’autogestione pedagogica, la descolarizzazione della società, la pedagogia che attiva gli oppressi.

La scuola dal secondo dopoguerra ad oggi

Il dopoguerra è caratterizzato da alfabetizzazione di massa e dall’innalzamento dell’obbligo scolastico (a 14 anni e a 16). Questo ha contribuito alla mobilità sociale e al miglioramento delle competenze della forza lavoro.

La scuola viene ad essere sottoposta a un doppio obiettivo: diffondere la cultura disinteressata, che forma e che nutre l’intelligenza e la persona, da un lato; e creare profili professionali, dall’altro.

In Italia, la riforma della scuola media del 1962 unifica i trienni postelementari in una scuola senza latino e più aperta alle scienze. Prima c’era l’avviamento professionale e la scuola media.

Mass media e educazione

Dagli anni ’60 in poi’, i mass media sono stati dei veri e propri educatori informali, vedi ad esempio i valori diffusi dalle TV di Mediaset, impattando nella formazione dell’immaginario collettivo. i mass media sono i primi educatori dei bambini e dei giovani.

Il riconoscimento della funzione centrale esercitata dall’«industria culturale» ha prodotto tesi interpretative opposte.

Da una parte Adorno e Horkheimer hanno sottolineato l’effetto di povertà culturale, di rattrappimento delle idee, di stereotipia, di atrofia dell’immaginazione e della spontaneità, di subalternità al mercato e alle ragioni puramente economiche introdotte dall’industrializzazione della cultura e i suoi effetti diseducativi (di conformismo, di acrisia, di imitazione, di impoverimento cognitivo.

Altri, ad esempio Marshall McLuhan, hanno valorizzato la democratizzazione della cultura, le hanno riconosciuta una funzione di informazione, di avvicinamento ai prodotti artistici, di sensibilizzazione «nei confronti del mondo», e quindi le hanno riconosciuto una funzione educativa positiva.

Nuove emergenze educative

  • femminismo
  • ecologia,
  • crescita di etnie presenti nei paesi sviluppati e ai problemi multiculturali che tale presenza solleva.
  • terza età

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Articolo contenuto sul sito www.orientamento.it. Autore Leonardo Evangelista. Leonardo Evangelista si occupa di orientamento dal 1993. Riproduzione riservata. Vedi le indicazioni relative a Informativa Privacy, cookie policy e Copyright.