Un ricordo personale
Era credo il 1972, avevo appena terminato la terza media, il nostro parroco progressista aveva organizzato due settimane di campeggio a Gastra, sulle pendici del Pratomagno vicino a Figline Valdarno. Gli animatori erano tutti cristiani per il socialismo come lui, che poi avrebbero fondato la sezione di Lotta Continua a Montevarchi. Oltre a messe cantate e trekking nei boschi, il campeggio prevedeva sessioni di studio sui problemi del mondo, in cui il tema costante era denunciare le cattiverie del capitalismo e dell’imperialismo americano, dei suoi servi democristiani in Italia, e promuovere la rivoluzione, cercando di inculcarci una ideologia che, oltre ad aver già provocato milioni di morti in URSS e Cina, avrebbe di lì a poco partorito le Brigate Rosse in Italia e altri milioni di morti in Cambogia. Chi come me aveva qualche obiezione veniva deriso. Dopo un po’ di tempo, una domenica i nostri genitori sono venuti a trovarci, e noi eravamo tutti lì stupidi a cantare Che Guevara e Contessa col pugno alzato.
Abstract
Questo documento esamina criticamente le implicazioni etiche della teoria dell’apprendimento trasformativo di Jack Mezirow, concentrandosi specificamente sulle problematiche legate al ruolo dell’educatore. Partendo dalle critiche mosse da Michael Newman e altri studiosi, l’analisi approfondisce le questioni relative alla manipolazione potenziale nei dilemmi disorientanti, agli squilibri di potere nelle relazioni educative, alle lacune nel consenso informato e alle assunzioni paternalistiche sulla direzione del cambiamento trasformativo. Attraverso un’esplorazione dettagliata di queste problematiche, il documento propone riflessioni per una pratica educativa più eticamente consapevole nell’applicazione della teoria dell’apprendimento trasformativo.
1. Introduzione
La teoria dell’apprendimento trasformativo di Jack Mezirow rappresenta uno dei contributi più significativi alla comprensione dell’apprendimento adulto degli ultimi decenni. Sviluppata inizialmente negli anni ’70 e poi raffinata nei decenni successivi, questa teoria descrive come gli adulti possano trasformare le proprie “prospettive di significato” – sistemi di credenze, atteggiamenti e presupposti – attraverso un processo riflessivo e critico. Al centro di questo processo vi è il concetto di “dilemma disorientante”, un’esperienza che mette in discussione le assunzioni fondamentali dell’individuo e innesca un percorso di trasformazione (Mezirow, 1991).
Tuttavia, nonostante la sua influenza e il suo contributo all’educazione degli adulti, la teoria di Mezirow ha sollevato importanti questioni etiche, particolarmente riguardo al ruolo dell’educatore nel processo trasformativo. Michael Newman (2012, 2014), insieme ad altri studiosi critici, ha messo in evidenza alcune problematiche fondamentali che meritano un’analisi approfondita. Questo documento si propone di esaminare queste critiche, esplorando le loro implicazioni per la pratica educativa e proponendo possibili approcci alternativi che rispettino maggiormente l’autonomia dell’apprendente.
2. Il Quadro Teorico dell’Apprendimento Trasformativo
Prima di analizzare le critiche al ruolo dell’educatore, è importante comprendere i fondamenti della teoria dell’apprendimento trasformativo di Mezirow. Secondo questa teoria, la trasformazione avviene attraverso un processo in più fasi che comprende:
- Un dilemma disorientante
- L’auto-esame accompagnato da sentimenti di colpa o vergogna
- La valutazione critica delle assunzioni epistemiche, socioculturali o psichiche
- Il riconoscimento che il proprio malcontento e il processo di trasformazione sono condivisi
- L’esplorazione di opzioni per nuovi ruoli, relazioni e azioni
- La pianificazione di un corso d’azione
- L’acquisizione di conoscenze e abilità per implementare i propri piani
- La sperimentazione provvisoria di nuovi ruoli
- La costruzione di competenza e fiducia in sé nei nuovi ruoli e relazioni
- La reintegrazione nella propria vita sulla base delle condizioni dettate dalla nuova prospettiva (Mezirow, 2000)
L’educatore, in questo contesto, svolge un ruolo di facilitatore, sostenendo l’apprendente nel suo percorso riflessivo e trasformativo. Mezirow stesso ha sottolineato l’importanza di un ambiente di apprendimento caratterizzato da fiducia, sicurezza e apertura, dove gli apprendenti possono sentirsi liberi di esplorare nuove prospettive.
3. La Critica di Michael Newman: Questioni Etiche Fondamentali
Michael Newman, in particolare nel suo lavoro “Calling Transformative Learning Into Question” (2012), ha sollevato importanti critiche alla teoria di Mezirow. Queste critiche si concentrano su quella che Newman percepisce come una concezione problematica del ruolo dell’educatore. Approfondiamo ora le quattro principali aree di preoccupazione identificate.
3.1 La Manipolazione nei Dilemmi Disorientanti
Una delle critiche più significative riguarda l’eventuale manipolazione insita nel tentativo di indurre dilemmi disorientanti. Newman argomenta che:
“Se l’educatore cerca deliberatamente di provocare un dilemma disorientante, si pone immediatamente una questione etica fondamentale: il diritto di un individuo di intervenire così profondamente nella vita di un altro” (Newman, 2012, p. 40).
Questa critica solleva interrogativi sul confine tra facilitazione e manipolazione. Quando un educatore cerca di provocare una crisi nelle assunzioni dell’apprendente, potrebbe oltrepassare i limiti etici dell’intervento educativo. Il dilemma disorientante, sebbene teorizzato come catalizzatore del cambiamento, potrebbe causare disagio psicologico significativo e vulnerabilità emotiva.
In un’analisi più approfondita, possiamo identificare diverse problematiche connesse a questa pratica:
- Intenzionalità nascosta: L’educatore che cerca deliberatamente di provocare dissonanza cognitiva potrebbe non rivelare completamente le proprie intenzioni, compromettendo così la trasparenza del processo educativo.
- Impreparazione dell’apprendente: Non tutti gli apprendenti possiedono le risorse emotive e cognitive per affrontare un dilemma disorientante, specialmente se indotto artificialmente in un contesto educativo.
- Conseguenze impreviste: La destabilizzazione delle convinzioni fondamentali potrebbe avere effetti che vanno oltre il contesto di apprendimento, influenzando potenzialmente relazioni personali, identità professionale e benessere psicologico dell’apprendente.
Brookfield (2000) estende questa critica osservando che “l’induzione del disorientamento come strategia pedagogica può rappresentare un abuso di potere anche quando animata dalle migliori intenzioni” (p. 142).
3.2 Lo Squilibrio di Potere nella Relazione Educativa
La seconda critica riguarda lo squilibrio di potere intrinseco alla relazione tra educatore e apprendente. Nonostante Mezirow abbia enfatizzato l’importanza del dialogo egualitario e della comunicazione ideale (basandosi sulla teoria di Habermas), Newman e altri critici sostengono che tali ideali raramente si realizzano nella pratica educativa:
“Le relazioni di potere all’interno dei contesti educativi sono pervasive e spesso invisibili. L’educatore detiene un potere istituzionale, una conoscenza specialistica e l’autorità di valutazione che rendono illusoria ogni pretesa di eguaglianza dialogica” (Newman, 2014, p. 354).
Questo squilibrio di potere risulta particolarmente problematico nell’apprendimento trasformativo per diverse ragioni:
- Vulnerabilità aumentata: Il processo di trasformazione rende l’apprendente particolarmente vulnerabile, essendo le sue convinzioni fondamentali messe in discussione.
- Dipendenza dall’approvazione: L’apprendente potrebbe sentirsi obbligato a conformarsi alle aspettative percepite dell’educatore riguardo alla direzione della trasformazione.
- Difficoltà di dissenso: In una relazione caratterizzata da uno squilibrio di potere, l’apprendente potrebbe trovare difficile resistere o opporsi a prospettive che non risuonano con la propria esperienza o i propri valori.
Fenwick (2008) aggiunge a questa critica osservando che “le relazioni di potere nelle situazioni di apprendimento trasformativo non sono solo bilaterali ma anche situate in più ampi contesti sociali, culturali e istituzionali che influenzano profondamente la dinamica educativa” (p. 67).
3.3 Le Lacune nel Consenso Informato
La terza area critica riguarda l’assenza di un adeguato consenso informato nel processo di apprendimento trasformativo. Newman sostiene che:
“Gli apprendenti raramente vengono informati in anticipo che il processo educativo potrebbe comportare una trasformazione profonda delle loro prospettive di significato, con potenziali ripercussioni sulla loro identità e relazioni sociali” (Newman, 2012, p. 45).
Questa critica solleva questioni fondamentali sul diritto dell’apprendente di essere pienamente consapevole della natura e delle potenziali conseguenze del processo educativo in cui si impegna. Le problematiche specifiche includono:
- Implicazioni a lungo termine: La trasformazione delle prospettive di significato può avere conseguenze di vasta portata che l’apprendente potrebbe non anticipare o per le quali potrebbe non essere preparato.
- Conflitti con valori esistenti: La trasformazione potrebbe portare a tensioni con comunità di appartenenza, familiari o colleghi che non condividono le nuove prospettive dell’apprendente.
- Costi psicologici: Il processo di trasformazione può comportare periodi di disorientamento, isolamento e perdita di senso che costituiscono un costo significativo per l’apprendente.
Baumgartner (2012) osserva che “ignorare la necessità di un consenso informato nel processo di apprendimento trasformativo significa privare l’apprendente del diritto fondamentale all’autodeterminazione, trasformando un processo potenzialmente emancipatorio in uno potenzialmente coercitivo” (p. 103).
3.4 Le Assunzioni Paternalistiche sulla Direzione della Trasformazione
La quarta critica riguarda l’assunzione implicita che l’educatore sappia cosa sia “meglio” per l’apprendente in termini di sviluppo. Secondo Newman:
“La teoria dell’apprendimento trasformativo presuppone spesso che l’educatore possieda una visione privilegiata riguardo alla direzione auspicabile della trasformazione, un’assunzione che si basa su giudizi di valore raramente esplicitati” (Newman, 2014, p. 356).
Questa critica evidenzia diverse problematiche:
- Valori impliciti: La direzione della trasformazione spesso riflette valori specifici (ad esempio, emancipazione, razionalità critica, autonomia) che possono non essere universalmente condivisi o appropriati per tutti i contesti culturali.
- Determinismo progressista: La teoria tende a presentare la trasformazione come necessariamente progressiva e migliorativa, sottovalutando la possibilità che alcune prospettive esistenti possano avere validità e valore.
- Negazione dell’autorità epistemica: Assumere di sapere cosa sia meglio per l’apprendente implica una diminuzione dell’autorità epistemica dell’apprendente sulla propria esperienza e comprensione.
Cranton (2016) osserva che “anche quando l’educatore promuove esplicitamente l’autonomia dell’apprendente, le sue azioni pedagogiche possono implicitamente favorire determinati esiti trasformativi ritenuti desiderabili secondo la propria visione dell’educazione” (p. 78).
4. Approfondimento delle Critiche: Implicazioni per la Pratica Educativa
Le critiche di Newman e di altri studiosi alla teoria dell’apprendimento trasformativo non rappresentano un semplice esercizio accademico, ma hanno profonde implicazioni per la pratica educativa. Esaminiamo ora più nel dettaglio come queste problematiche si manifestino nella realtà dell’educazione degli adulti.
4.1 La Manipolazione e l’Intenzionalità Educativa
La questione della manipolazione nel provocare dilemmi disorientanti solleva interrogativi fondamentali sull’intenzionalità educativa. Nell’applicazione pratica della teoria di Mezirow, gli educatori spesso progettano esperienze volte a sfidare le assunzioni degli apprendenti. Questo può assumere diverse forme:
- Esposizione a narrazioni o testimonianze che contraddicono le convinzioni esistenti
- Esercizi di role-play che richiedono di assumere prospettive contrastanti con le proprie
- Esperienze sul campo in contesti culturalmente diversi
- Discussioni critiche su temi controversi
Il problema etico emerge quando questi interventi sono progettati strumentalmente per indurre un senso di disorientamento, piuttosto che come opportunità di esplorazione aperta. Come nota Taylor (2009):
“La differenza tra facilitazione e manipolazione risiede spesso nelle intenzioni non dichiarate e nei risultati predeterminati che l’educatore si aspetta dal processo di apprendimento” (p. 11).
Questa distinzione diventa particolarmente problematica quando l’educatore ritiene che i dilemmi “naturali” sperimentati dall’apprendente non siano sufficientemente profondi o trasformativi, e decide quindi di intensificare artificialmente l’esperienza di disorientamento.
4.2 Dimensioni dello Squilibrio di Potere
Lo squilibrio di potere nella relazione educativa si manifesta in modi molteplici e spesso sottili:
4.2.1 Potere Istituzionale
L’educatore possiede generalmente un’autorità conferita dall’istituzione educativa che include:
- Il potere di valutazione formale
- Il controllo sul curriculum e sulle attività di apprendimento
- L’autorità di stabilire regole e norme per il processo educativo
Brookfield (2005) osserva che “anche quando l’educatore cerca di minimizzare queste manifestazioni di potere, esse rimangono incorporate nelle strutture istituzionali e nelle aspettative degli apprendenti” (p. 123).
4.2.2 Potere Epistemico
L’educatore viene generalmente riconosciuto come possessore di una conoscenza specialistica che conferisce autorità epistemica:
- Competenza disciplinare specifica
- Familiarità con teorie e concetti di riferimento
- Capacità di stabilire ciò che costituisce una conoscenza valida
Questa autorità epistemica può facilmente tradursi in ciò che Foucault chiamerebbe “regime di verità”, ovvero la capacità di determinare quali prospettive siano considerate legittime o valide all’interno del discorso educativo.
4.2.3 Potere Interpretativo
Particolarmente rilevante nel contesto dell’apprendimento trasformativo è il potere di interpretazione:
- L’educatore può fornire quadri interpretativi per comprendere l’esperienza dell’apprendente
- Può validare o marginalizzare determinate interpretazioni dell’esperienza
- Può influenzare il modo in cui l’apprendente dà significato al proprio processo di cambiamento
Johnson-Bailey e Alfred (2006) evidenziano come “questo potere interpretativo sia raramente riconosciuto ma profondamente influente nel determinare la direzione della trasformazione” (p. 56).
4.3 La Questione del Consenso Informato nella Pratica
La mancanza di un adeguato consenso informato solleva questioni pratiche di fondamentale importanza. Nella realtà dei contesti educativi:
4.3.1 Comunicazione Limitata degli Obiettivi
Spesso i programmi educativi che incorporano principi dell’apprendimento trasformativo descrivono i loro obiettivi in termini generici come:
- “Sviluppare capacità di pensiero critico”
- “Promuovere la riflessione sulle proprie assunzioni”
- “Facilitare l’apertura a nuove prospettive”
Questi obiettivi, sebbene legittimi, non comunicano adeguatamente la profondità del cambiamento potenziale e le sue implicazioni personali, professionali e relazionali.
4.3.2 Mancanza di Supporto per le Conseguenze
Raramente i programmi educativi forniscono adeguato supporto per le conseguenze della trasformazione, che possono includere:
- Conflitti con familiari e comunità di appartenenza
- Crisi di identità professionale
- Periodi di incertezza e perdita di senso
- Necessità di riorganizzare relazioni significative
Fleming (2018) osserva che “mentre la teoria sottolinea l’importanza della fase di reintegrazione, la pratica educativa raramente prevede supporto strutturato per questa fase cruciale” (p. 193).
4.3.3 Difficoltà di Ritiro
Una volta avviato il processo di trasformazione, l’apprendente può trovare difficile “tornare indietro” anche qualora desiderasse farlo:
- Le vecchie prospettive, una volta messe in discussione, potrebbero non offrire più lo stesso senso di certezza
- L’apprendente potrebbe sentirsi in qualche modo “vincolato” a continuare il processo per non deludere l’educatore o il gruppo
- Le relazioni con persone significative potrebbero essere già state alterate dalla trasformazione iniziale
Kasworm e Bowles (2012) notano che “raramente si discute con gli apprendenti della possibilità di interrompere il processo di trasformazione o dei costi personali associati ad esso” (p. 389).
4.4 Il Paternalismo e i Valori Impliciti
Le assunzioni paternalistiche su ciò che costituisce un esito “migliore” della trasformazione sono profondamente radicate nella teoria e nella pratica dell’apprendimento trasformativo.
4.4.1 Valori Occidentali Impliciti
Diversi studiosi hanno evidenziato come la teoria di Mezirow sia radicata in una specifica tradizione culturale occidentale che valorizza:
- L’individualismo e l’autonomia personale
- Il pensiero razionale-critico
- La separazione dalle tradizioni come segno di maturità
- L’emancipazione dalle strutture di potere esistenti
Ntseane (2011) osserva che “questi valori non sono universali ma culturalmente situati, e possono entrare in conflitto con orientamenti valoriali che enfatizzano l’interconnessione, l’armonia sociale e il rispetto per la tradizione” (p. 307).
4.4.2 Direzione Predeterminata della Trasformazione
Nella pratica educativa, si osserva spesso una tendenza a considerare “trasformazioni riuscite” quelle che si muovono in direzioni specifiche:
- Da prospettive considerate “convenzionali” a quelle considerate “post-convenzionali”
- Da visioni del mondo più semplici a visioni più complesse
- Da orientamenti valoriali conservatori a orientamenti più progressisti
- Da modalità di conoscenza non riflessive a modalità più critiche
Mälkki (2010) nota che “queste assunzioni sulla direzione desiderabile della trasformazione raramente vengono esplicitate e discusse con gli apprendenti” (p. 48).
4.4.3 Privilegio della Razionalità Critica
La teoria di Mezirow privilegia la razionalità critica come modalità di conoscenza, sottovalutando potenzialmente:
- Conoscenze incarnate e somatiche
- Saperi tradizionali e intuitivi
- Forme di conoscenza basate sull’esperienza diretta
- Modalità di apprendimento spirituali o contemplative
Questa enfasi sulla razionalità critica può marginalizzare apprendenti provenienti da tradizioni culturali che valorizzano diverse epistemologie e modalità di conoscenza.
5. Verso una Pratica Più Etica dell’Apprendimento Trasformativo
Le critiche analizzate non implicano necessariamente un abbandono della teoria dell’apprendimento trasformativo, ma piuttosto una sua riformulazione in termini più eticamente consapevoli. Di seguito, proponiamo alcune direzioni per una pratica educativa che mantenga il potenziale trasformativo riducendo i rischi etici evidenziati.
5.1 Trasparenza e Consenso Autenticamente Informato
Una prima direzione fondamentale riguarda lo sviluppo di pratiche di consenso informato più robuste:
- Comunicazione esplicita: Gli educatori dovrebbero comunicare chiaramente la natura potenzialmente trasformativa del processo educativo, inclusi i possibili disagi e le sfide che potrebbero emergere.
- Descrizione dei processi: Rendere espliciti i meccanismi attraverso cui opera l’apprendimento trasformativo, incluse le fasi di disorientamento e ricostruzione.
- Riconoscimento dei costi: Discutere apertamente i potenziali costi personali, relazionali e sociali della trasformazione delle prospettive di significato.
- Opzioni di ritiro: Garantire che gli apprendenti possano ritirarsi da attività particolarmente sfidanti senza conseguenze negative.
Come suggerisce Dirx (2008), “un consenso autenticamente informato richiede non solo informazione ma anche dialogo continuo sulle esperienze in corso e sul diritto dell’apprendente di ridefinire i propri confini” (p. 8).
5.2 Democratizzazione del Potere Educativo
Per ridurre le problematiche legate allo squilibrio di potere, diverse strategie potrebbero essere adottate:
- Co-costruzione del curriculum: Coinvolgere gli apprendenti nella definizione degli obiettivi educativi e nella progettazione delle attività di apprendimento.
- Valutazione partecipativa: Sviluppare modalità di valutazione che riducano la dipendenza dal giudizio esclusivo dell’educatore.
- Trasparenza del potere: Rendere esplicite le dinamiche di potere presenti nella relazione educativa e invitare alla loro discussione critica.
- Autoriflessività dell’educatore: Praticare e modellare una costante autoriflessione sulle proprie posizioni di potere e sulle proprie assunzioni.
Brookfield (2017) suggerisce che “la democratizzazione del potere educativo non significa negare la specifica competenza dell’educatore, ma piuttosto riposizionarla all’interno di una comunità di apprendimento dove diverse forme di conoscenza sono valorizzate” (p. 79).
5.3 Pluralismo Epistemologico e Valoriale
Per superare le assunzioni paternalistiche sulla direzione della trasformazione:
- Esplicitazione dei valori: Rendere espliciti i valori che informano la pratica educativa, riconoscendone la natura situata e contestuale.
- Pluralismo epistemologico: Integrare diverse modalità di conoscenza nel processo educativo, valorizzando anche saperi non razional-critici.
- Apertura agli esiti: Accettare che la trasformazione possa procedere in direzioni diverse da quelle inizialmente previste o auspicate dall’educatore.
- Contestualizzazione culturale: Adattare le pratiche trasformative ai contesti culturali specifici degli apprendenti.
Ntseane (2011) sostiene che “un approccio autenticamente pluralista richiede non solo il riconoscimento formale di diverse epistemologie, ma anche la disponibilità a lasciare che queste ridefiniscano il processo stesso di apprendimento trasformativo” (p. 312).
5.4 Accompagnamento vs. Induzione
Per quanto riguarda la questione della manipolazione nei dilemmi disorientanti:
- Rispetto dell’emergenza: Lavorare con i dilemmi disorientanti che emergono naturalmente nell’esperienza dell’apprendente anziché crearne artificialmente.
- Sostegno non direttivo: Offrire sostegno nel processo di rielaborazione delle esperienze disorientanti senza dirigerne gli esiti.
- Valorizzazione della resistenza: Riconoscere che la resistenza alla trasformazione può rappresentare una legittima protezione dell’integrità personale.
- Tempi personalizzati: Rispettare i tempi individuali di elaborazione, evitando di forzare il processo per adeguarlo a scadenze istituzionali.
Clark e Wilson (2001) suggeriscono che “l’accompagnamento rispettoso rappresenta un’alternativa all’induzione del disorientamento, riconoscendo l’autonomia dell’apprendente nel navigare la propria esperienza di trasformazione” (p. 169).
6. Conclusioni
L’analisi delle critiche al ruolo dell’educatore nella teoria dell’apprendimento trasformativo di Mezirow evidenzia questioni etiche fondamentali che meritano seria considerazione. La potenziale manipolazione nei dilemmi disorientanti, gli squilibri di potere nella relazione educativa, le lacune nel consenso informato e le assunzioni paternalistiche sulla direzione della trasformazione rappresentano sfide significative all’applicazione etica della teoria.
Queste critiche non invalidano necessariamente il valore della teoria dell’apprendimento trasformativo, ma ne evidenziano i limiti e le potenziali insidie etiche. Una pratica educativa più consapevole richiede trasparenza riguardo alle dinamiche di potere, un consenso autenticamente informato, il riconoscimento della pluralità di valori ed epistemologie, e un approccio di accompagnamento rispettoso dell’autonomia dell’apprendente.
Come osserva Newman (2014), “la questione non è se l’apprendimento trasformativo sia possibile o desiderabile, ma piuttosto come possiamo praticarlo in modi che rispettino profondamente la dignità e l’autorità dell’apprendente sulla propria esperienza” (p. 359).
L’evoluzione della teoria dell’apprendimento trasformativo richiede una continua riflessione critica sulle sue implicazioni etiche, e un dialogo aperto tra educatori e apprendenti sulle finalità, i metodi e i valori che informano il processo educativo. Solo attraverso questo dialogo riflessivo la teoria potrà mantenere il suo potenziale emancipatorio evitando di riprodurre, sotto nuove forme, le dinamiche di potere che si propone di superare.
Un esempio eclatante, in Italia, di educatore manipolatore è Don Milani.
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Articolo contenuto sul sito www.orientamento.it. Autore Leonardo Evangelista. Leonardo Evangelista si occupa di orientamento dal 1993 e di formazione dal 2004. Riproduzione riservata. Vedi le indicazioni relative a Informativa Privacy, cookie policy e Copyright.