L’andamento delle migrazioni
Le migrazioni internazionali continuano a essere uno dei fenomeni più rilevanti e trasformativi del nostro tempo. Secondo l’ultima edizione dell’International Migrant Stock delle Nazioni Unite, nel 2024 il numero di migranti internazionali ha raggiunto i 304 milioni, quasi il doppio rispetto ai 154 milioni del 1990. In termini relativi, la quota di migranti sulla popolazione mondiale è salita dal 2,9% al 3,7% nello stesso periodo, con una crescita particolarmente accelerata dal 2010, nonostante crisi economiche, pandemia e politiche restrittive12.
Le cause della crescita
L’aumento dei migranti è stato trainato sia dai tradizionali fattori di spinta e attrazione sia da eventi eccezionali, come le crisi umanitarie. Dal 2010 al 2024, un quinto dell’incremento globale (circa 18 milioni di persone) è attribuibile all’aumento di rifugiati, richiedenti asilo e persone sotto protezione internazionale, che oggi rappresentano un sesto del totale dei migranti: 51,7 milioni, la quota più alta mai registrata dal 195012.
Le principali aree di destinazione
L’Europa si conferma la principale area di destinazione, con 94 milioni di migranti, seguita da Nord America (61 milioni) e Nord Africa/Asia Occidentale (54 milioni). In termini percentuali, però, l’Oceania vanta la più alta incidenza di migranti sulla popolazione (21,5%), seguita da Nord America (15,9%) ed Europa (12,6%)12.
Quattro grandi poli attrattivi emergono a livello globale:
- Unione Europea, Regno Unito e paesi EFTA: 79 milioni di migranti
- Nord America: 61,2 milioni
- Asia Occidentale: 49,2 milioni
- Australia e Nuova Zelanda: 9,6 milioni
Dal 2005 al 2024, il sistema migratorio europeo è cresciuto del 70%, mentre l’Asia occidentale ha più che raddoppiato i flussi, diventando una delle principali destinazioni sia per lavoro che per motivi politici12.
Differenze tra paesi e composizione dei flussi
Negli Stati Uniti si registra il maggior numero di migranti (52,4 milioni), seguiti da Germania, Arabia Saudita e Regno Unito. In paesi come gli Emirati Arabi Uniti, i migranti rappresentano addirittura il 74% della popolazione, mentre in Arabia Saudita superano il 40%. In Italia la quota è dell’11%, in Germania sfiora il 20%12.
Un aspetto rilevante è la composizione di genere: nei paesi occidentali la presenza femminile è leggermente maggioritaria, mentre nei paesi del Golfo prevale nettamente la componente maschile, riflesso di flussi migratori legati al lavoro e di una forte restrizione dei diritti, come il ricongiungimento familiare12.
Impatti e prospettive
La crescita delle migrazioni ha determinato profondi cambiamenti nelle società di destinazione. In Europa, oggi tra il 10% e il 20% della popolazione è nata all’estero, contro percentuali molto più basse nel 1990. Questo mutamento epocale contribuisce a spiegare anche la crescita di movimenti e partiti anti-immigrati in molti paesi. Il fenomeno migratorio, quindi, rimane un fattore strutturale e in continua evoluzione, con forti implicazioni sociali, economiche e politiche12.
Pressione sui servizi sociali in Europa e USA
L’aumento dei flussi migratori ha effettivamente posto sotto pressione i servizi sociali nei principali paesi di arrivo, sia in Europa che negli Stati Uniti. In Europa, la presenza di numerosi rifugiati e migranti, in particolare minori non accompagnati e famiglie vulnerabili, ha evidenziato criticità nei sistemi di accoglienza, protezione e assistenza sociale, con risorse spesso insufficienti rispetto ai bisogni reali911. Nei paesi più esposti, come Italia, Grecia, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria e Serbia, si registrano difficoltà nell’offerta di assistenza sanitaria, educativa e di tutela legale, soprattutto per i minori e le donne9. L’Unione Europea ha risposto con finanziamenti mirati e programmi di integrazione, ma la pressione rimane significativa, soprattutto in presenza di flussi improvvisi o prolungati111.
Negli Stati Uniti, storicamente, l’arrivo di grandi numeri di immigrati ha richiesto un adattamento dei servizi sociali, con la creazione di programmi specifici per l’inclusione, la formazione e il supporto legale e sanitario alle comunità di nuova immigrazione2.
L’impatto sulla criminalità
In Europa, diverse ricerche confermano che, in media, il tasso di criminalità degli stranieri è superiore a quello degli autoctoni, con una variabilità significativa tra paesi e tipologie di reato1310. Ad esempio, una ricerca della Fondazione Hume stima che, considerando tutti i 28 paesi UE, gli stranieri contribuiscano alla delittuosità circa quattro volte più dei nativi, con picchi maggiori in alcuni paesi come l’Italia13.
Articolo contenuto sul sito www.orientamento.it. Autore Leonardo Evangelista. Vedi le indicazioni relative a Informativa Privacy, cookie policy e Copyright.