La situazione
Negli ultimi decenni, il sistema della pubblicazione scientifica si è trasformato in un colosso economico, sostenuto quasi interamente da fondi pubblici ma governato da logiche privatistiche e di mercato. Questa contraddizione strutturale, come argomentato nell’articolo di Enrico Bucci pubblicato su Il Foglio il 1° maggio 2025, rappresenta oggi uno dei principali ostacoli alla qualità, all’efficienza e all’accessibilità della comunicazione scientifica. Ripercorrendo le tesi dell’articolo, analizziamo le distorsioni prodotte dall’attuale assetto editoriale e la proposta di una radicale riforma verso un sistema pubblico, cooperativo e trasparente21.
Il paradosso del sistema attuale
Il cuore del problema è che la ricerca scientifica, dalla produzione dei contenuti alla loro certificazione e diffusione, è finanziata quasi esclusivamente con risorse pubbliche. Tuttavia, il controllo e la distribuzione dei risultati sono appaltati a editori commerciali, i quali perseguono unicamente il profitto. Questo paradosso si alimenta su tre canali principali:
Costi di pubblicazione (APC): le istituzioni pubbliche pagano per permettere ai ricercatori di pubblicare articoli open access o a pagamento.
Costi di abbonamento: università, enti di ricerca e biblioteche pagano per accedere a contenuti che i loro stessi ricercatori hanno prodotto.
Lavoro gratuito: referees e membri dei comitati editoriali, spesso dipendenti pubblici, forniscono gratuitamente il servizio di revisione e gestione editoriale.
Il risultato è un sistema in cui il denaro pubblico finanzia ogni fase del processo, mentre i profitti sono privatizzati dagli editori commerciali, che non producono conoscenza ma ne gestiscono il confezionamento e la reputazione21.
Le distorsioni prodotte dal mercato
Questa struttura non è solo inefficiente: è la causa di distorsioni profonde che alterano la natura stessa della comunicazione scientifica. Le principali criticità sono:
Proliferazione di riviste: per massimizzare i profitti, gli editori moltiplicano i titoli, segmentano artificialmente le discipline e creano nuove testate per intercettare nicchie sempre più ristrette. Il volume delle pubblicazioni cresce senza aumentare la qualità media, contribuendo alla frammentazione del sapere e alla diluizione della rilevanza scientifica21.
Riviste predatorie: la pressione a pubblicare come metrica di successo ha favorito la nascita di riviste che simulano il peer review, accettando qualsiasi articolo dietro pagamento. Queste testate degradano il valore simbolico della pubblicazione e immettono nel circuito globale una quantità crescente di contenuti non verificati, confondendo i confini tra scienza affidabile e pseudo-scienza21.
Snatching e abbassamento degli standard: soggetti privati acquisiscono riviste rispettabili per poi svuotarle dall’interno, abbassando drasticamente gli standard di revisione per massimizzare i ricavi, minando la fiducia nella qualità delle pubblicazioni1.
Logica perversa dell’impact factor: l’impact factor diventa un asset commerciale da difendere o manipolare; visibilità e velocità di pubblicazione sostituiscono il rigore metodologico come criteri di scelta, piegando persino il peer review a esigenze di mercato21.
Il risultato complessivo è una comunicazione scientifica che, pur avendo aumentato la quantità e l’accessibilità apparente, ha visto erodersi la sua funzione primaria: certificare, selezionare e diffondere conoscenza solida. La frammentazione delle sedi editoriali, l’inflazione delle pubblicazioni e la crescente opacità dei criteri di qualità hanno indebolito l’autorevolezza della scienza stessa come impresa collettiva di conoscenza critica21.
La proposta: un sistema editoriale pubblico e cooperativo
Per superare queste distorsioni, l’articolo di Il Foglio propone di intervenire direttamente sull’architettura economica del sistema. L’idea è dirottare l’intero budget oggi destinato agli editori commerciali – inclusi i costi di pubblicazione, abbonamento e lavoro gratuito – verso la creazione di un sistema di riviste scientifiche di proprietà pubblica, gestite da società scientifiche, accademie ed enti di ricerca21.
Esempi virtuosi già esistono: il Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), pubblicato dalla National Academy of Sciences degli Stati Uniti, è una delle sedi più autorevoli della comunicazione scientifica internazionale e dimostra la piena praticabilità di questo modello21.
Vantaggi del nuovo modello
Riduzione dei costi: la razionalizzazione del panorama editoriale permetterebbe di ridurre drasticamente il numero delle riviste, eliminando la proliferazione artificiale e abbassando i costi infrastrutturali, oggi largamente inferiori alle somme pagate agli editori commerciali21.
Maggiore accessibilità: in un sistema pubblico open access, la possibilità di pubblicare e leggere diverrebbe funzione della qualità scientifica, non della disponibilità economica. Questo abbatterebbe le barriere per i ricercatori dei paesi meno finanziati21.
Eliminazione delle distorsioni di mercato: senza l’incentivo economico alla moltiplicazione delle riviste, verrebbe meno la spinta alla frammentazione disciplinare e all’inflazione delle pubblicazioni. Le riviste predatorie perderebbero terreno e la reputazione delle testate non sarebbe più monetizzabile attraverso operazioni speculative21.
Selezione rigorosa e trasparenza: il sistema tornerebbe a essere costruito intorno alla selezione rigorosa della conoscenza, alla responsabilità della certificazione e alla trasparenza dei processi di valutazione21.
Sfide e rischi
Naturalmente, la transizione a un nuovo sistema editoriale comporta rischi e difficoltà:
Investimenti iniziali: servirebbero risorse per infrastrutture tecnologiche, formazione e organizzazione delle nuove piattaforme.
Standardizzazione: occorrerebbe una forte standardizzazione dei processi editoriali per evitare la frammentazione tecnica e organizzativa tra le diverse riviste pubbliche23.
Resistenza culturale: la pubblicazione in sedi nuove e non consolidate potrebbe essere inizialmente meno attrattiva, soprattutto nei settori più competitivi.
Rischio di cattura: la gestione editoriale potrebbe essere soggetta a pressioni di gruppi di interesse disciplinari o nazionali, con il rischio di abbassamento degli standard di selezione23.
Tuttavia, l’articolo sottolinea che questi rischi sono affrontabili con una governance chiara, composta da comitati editoriali eletti su base meritocratica e verificabile, con rotazione obbligatoria dei ruoli per prevenire la formazione di rendite di posizione. Audit periodici di qualità, gestiti da organismi indipendenti, permetterebbero di monitorare e correggere eventuali derive. Una politica di accreditamento e valutazione delle riviste basata su criteri espliciti di qualità metodologica, apertura dei dati e trasparenza del peer review sostituirebbe il prestigio di marca con la reputazione guadagnata sul campo23.
Obiezioni e controargomentazioni
Le due principali obiezioni contro questa proposta sono:
Il sistema pubblico non garantirebbe standard elevati di qualità editoriale: questa critica è smentita dall’esistenza di riviste gestite da accademie o enti pubblici (come PNAS, eLife, Royal Society Open Science) che sono pienamente competitive a livello globale. La qualità non dipende dalla proprietà privata, ma dalla progettazione razionale dei processi e dall’integrità della loro gestione23.
La competitività internazionale della scienza subirebbe un danno: in realtà, la dipendenza dalle metriche commerciali ha già oggi effetti distorsivi sulla qualità della ricerca. Un sistema di pubblicazione basato su qualità metodologica verificabile e accessibilità universale rappresenterebbe, nel medio termine, un vantaggio competitivo per ogni sistema scientifico che voglia fondarsi sull’eccellenza reale, non su indicatori di prestigio artificiale23.
Il ruolo della comunità scientifica e della Open Science
Un punto centrale della riforma proposta è che la comunità scientifica deve scegliere attivamente i nuovi canali di pubblicazione, modificando i criteri di valutazione dei ricercatori e smettendo di equiparare la qualità scientifica alla posizione editoriale in riviste ad alto impact factor. Solo così si potrà rompere la dipendenza collettiva dalle grandi case editrici, che monetizzano il lavoro pubblico in modo opaco3.
Inoltre, la standardizzazione necessaria non deve derivare dal controllo proprietario di pochi gruppi, ma dalla convergenza metodologica costruita deliberatamente dalla comunità scientifica, attraverso organismi di coordinamento, linee guida comuni e meccanismi di accreditamento e trasparenza. In questo senso, il riferimento ai principi della Open Science – trasparenza dei dati, apertura dei codici, tracciabilità dei processi di revisione, disponibilità dei materiali, preregistrazione degli studi, replicabilità dei risultati – deve essere integrato nella struttura del sistema editoriale pubblico come requisito imprescindibile, applicato in modo omogeneo e verificabile3.
Conclusione: restituire alla scienza la sua funzione pubblica
La crisi dell’editoria scientifica non è solo una questione di costi o di efficienza, ma riguarda la credibilità stessa della scienza come impresa collettiva e pubblica. Continuare a finanziare passivamente un sistema che ha smarrito la sua funzione pubblica significa accettare il declino progressivo dell’autorevolezza scientifica.
Come conclude l’articolo de Il Foglio, intervenire ora, con decisione e intelligenza, è l’unico modo per restituire alla comunicazione scientifica il suo ruolo essenziale: garantire la qualità, la trasparenza e l’accessibilità universale della conoscenza. Liberare la scienza dai vincoli di mercato non significa provincializzarla, ma restituirla alla sua vocazione universale e al servizio della società23.
“Intervenire ora, con decisione e intelligenza, è l’unico modo per restituire alla comunicazione scientifica il suo ruolo essenziale: garantire la qualità, la trasparenza e l’accessibilità universale della conoscenza.” (Il Foglio, 1 maggio 2025)2.
Articolo ispirato e basato su: “Per un nuovo sistema di pubblicazione scientifica serve uscire dal mercato”, Il Foglio, 1 maggio 2025.
Articolo contenuto sul sito www.orientamento.it. Prodotto da Leonardo Evangelista con l’aiuto dell’IA. Vedi le indicazioni relative a Informativa Privacy, cookie policy e Copyright.
Fonti
- https://www.ilfoglio.it/scienza/2025/05/01/news/per-un-nuovo-sistema-di-pubblicazione-scientifica-serve-uscire-dal-mercato-7674614/
- https://www.ilfoglio.it/scienza/2025/05/06/news/ripensare-all-editoria-scientifica-dalle-buone-eccezioni-alla-regola-7683269/
- https://www.ilfoglio.it/scienza/2025/04/25/news/la-deriva-delle-riviste-scientifiche-7650974/
- https://www.ilfoglio.it/scienza/2025/05/07/news/le-parole-della-pseudoscienza-7687913/
- https://www.ilfoglio.it/scienza/2024/11/13/news/perche-bisogna-rompere-il-sistema-attuale-di-pubblicazione-scientifica-7146739/
- https://www.ilfoglio.it/gli-eventi-del-foglio/2025/05/07/video/arriva-il-foglio-europeo-a-roma-la-presentazione-del-nostro-nuovo-mensile-7688450/
- https://www.ilfoglio.it/2025/05/sitemap_Articolo_scienza.xml
- https://www.ilfoglio.it/scienza/2024/05/02/news/le-pubblicazioni-scientifiche-sono-un-sistema-insostenibile-6506368/
- https://editorialescientifica.it/prodotto/la-comunita-internazionale-2025/