Un commento a L’intervista mediata: evoluzioni dell’intervista cognitivo-critica piagetiana di D. Frison

Daniela Frison
L’articolo di Daniela Frison

L’obiettivo dell’articolo Frison, D. (2016). L’intervista mediata: evoluzioni dell’intervista cognitivo-critica piagetiana è mettere in evidenza le finalità che il ricercatore/formatore può perseguire grazie all’introduzione nell’intervista di tecniche di mediazione, le abilità che di volta in volta gli vengono richieste per metterle a punto e le possibili criticità a cui porre attenzione, offrendo spunti di riflessione e di possibile applicazione nell’ambito della ricerca educativa e della formazione.

Le tecniche di mediazione, nell’intervista, sono tecniche che utilizzano determinati strumenti (oggetti, foto, disegni, mattoncini lego) per raggiungere l’obiettivo dell’intervista. L’intervista mediata è così una intervista dove all’intervistato viene chiesto di interagire con degli oggetti, foto, disegni, etc.)

L’intervista cognitivo critica di Piaget

L’articolo inizia con una descrizione dell’intervista cognitivo critica di Piaget. Piaget forniva ai bambini materiali e oggetti (ad esempio liquidi, monete, modellini, ecc.) invitandoli a manipolarli e a rispondere a delle domande. Come spiega Frison, l’intervistatore, con l’ausilio di un materiale appositamente scelto, interroga il soggetto su temi quali il peso, la conservazione della sostanza e del volume, il movimento, la velocità, ecc.

L’obiettivo delle interviste era approfondire la visione del mondo di bambini di diversa età, con riferimento appunto alle proprietà degli oggetti e alle grandezze della fisica.

Il Photolangage

La tecnica del Photolangage è stata sviluppata nel 1968 dai francesi Babin, Baptiste e Bélisle. Secondo Wikipedia, voce Metodo Photolangage, Essi decisero di utilizzare una serie di immagini durante una seduta con degli adolescenti per aiutarli ad esprimersi. Usare questo metodo li portava ad usare la foto come tramite per raccontare se stessi, parlavano di sé indirettamente e non dovevano concentrare lo sguardo persone presenti. Visti i buoni risultati vennero ufficialmente pubblicati dei dossier di foto suddivise in tematiche e si decise di utilizzare questo metodo anche alla formazione degli adulti. I dossier di foto possono essere acquistati su Amazon.

In concreto, durante un incontro di gruppo il facilitatore dispone le foto del dossier su un tavolo, poi pone una domanda, e invita i presenti a rispondere selezionando un certo numero di foto. Ad esempio le istruzioni possono essere: Selezionate 3 foto che indichino le vostre aspettative professionali. Oppure: Selezionate due foto che indicano la vostra situazione lavorativa attuale.

Istruzioni simili possono essere date anche in un colloquio individuale.

Il Photolangage si basa sulle metafore. Come è noto, la metafora è una modalità comunicativa in cui un concetto viene espresso con una similitudine. Ad esempio un nostro utente ripercorrendo il proprio percorso professionale potrebbe dirci, magari mostrando segni di sconforto: Questa esperienza lavorativa è stata un olocausto.

Cioè, invece di usare una serie di aggettivi quali stressante, umiliante, defatigante il nostro utente dice (enfatizzando la sua esperienza negativa) che la sua esperienza è stata simile a quella di un ebreo in un campo di concentramento. La metafora ci permette in questo caso di capire il fortissimo impatto che quella esperienza lavorativa ha avuto su di lui. Su questo punto, vedi il mio articolo Le tecniche espressive nell’orientamento.

Frison ci dice che:

Nella formazione, il metodo può così essere particolarmente efficace:

  • in fase di avvio di un percorso formativo, per favorire la conoscenza e l’incontro tra i membri del gruppo;
  • nel corso delle attività, per favorire un momento di rottura rispetto a quelle precedentemente svolte;
  • al termine, come opportunità di sintesi.

Inoltre, il metodo Può essere particolarmente proficuo per facilitare l’emersione di sentimenti e opinioni non immediati e scontati (quelli a cui ci si fermerebbe di fronte ad una domanda diretta) e per favorirne l’esplicitazione all’interno del gruppo.

Nel colloquio individuale, invece, sempre secondo Frison,

La proposta di un kit di immagini in un’intervista individuale può, infatti, favorire l’introduzione del tema di indagine in modo esperienziale e coinvolgente, consentendo un approssimarsi graduale all’esperienza concreta dell’intervistato.

Sul Photolangage vedi anche il mio articolo L’uso del Photolangage nell’orientamento.

L’intervista epistemico-operativa di Fabbri e Munari

Secondo fabbri e Munari, questa modalità di intervista deriva direttamente dall’intervista cognitivo critica di Piaget.

L’intervista epistemico-operativa è rivolta anche agli adulti e utilizza le metafore. Queste due caratteristiche, a mio modo di vedere, la rendono molto più simile al Photolangage che all’intervista cognitivo-critica.

Frison ce ne presenta due versioni: una prima versione mediata da una rappresentazione grafica e una seconda versione mediata da rappresentazioni metaforiche e/o simboliche.

Il disegno interattivo

Nella prima versione, al soggetto viene richiesto di fare un disegno (chiamato disegno interattivo) che rappresenti un concetto, un evento, un’esperienza. Secondo Fabbri e Munari (citati in Frison) l’intervistatore può chiedere di intervenire nel processo di disegno per chiarire alcuni dettagli.

Secondo Frison,

Il disegno offre al soggetto la possibilità di fissare caratteristiche del concetto o tappe del processo (…)  a cui ancorare la memoria e, contemporaneamente, a cui aggiungere, gradualmente, grazie alle sollecitazioni dell’intervistatore, dettagli che difficilmente avrebbe potuto recuperare affidandosi alla sola visualizzazione astratta.

Riguardo alle abilità richieste all’intervistatore, Frison ci dice che:

L’abilità richiesta all’intervistatore/ricercatore è, ancora una volta, quella propria dello psico-epistemologo piagetiano: essa sta nel formulare ipotesi, raccogliere informazioni, porre e porsi problemi che cambino le condizioni di partenza, rintracciare le strategie cognitive attivate dal soggetto e invitarlo, attraverso le interrogazioni dell’intervistatore, a riflettere su di esse.

Le metafore della conoscenza

In questa seconda modalità, per quel che si può capire dall’articolo, gli intervistati scelgono fra immagini (non fotografie, ma immagini disegnate) che vengono loro presentate. Frison cita ad esempio l’Edificio, il Reticolo, l’Albero.

Secondo Frison,

«Giocare» semplicemente con le metafore, senza vincoli, può condurre i partecipanti troppo lontano dal contesto formativo, con il rischio di perderli e dis-connetterli anziché favorire in loro l’esplorazione di nuove connessioni, insolite e sconosciute.

Frison ci spiega inoltre che Le Metafore della Conoscenza vengono adottate nella formazione, ad esempio con obiettivi di team building e di conoscenza di sé e degli altri e, più ampiamente, nell’animazione di gruppi di adulti.

Punti di contatto fra le diverse tecniche

Secondo Frison, le quattro tecniche hanno una serie di punti in comune:

  1. tutte e tre le tecniche richiedono la partecipazione attiva dell’intervistato e assicurano una maggiore attivazione
  2. lo stesso vale anche per l’intervistatore, non solo nel porre domande, ma anche nel preparare i materiali
  3. con l’esclusione dell’intervista di cognitivo-critica di Piaget, le tecniche assicurano una maggior consapevolezza all’intervistato grazie all’utilizzo del pensiero laterale
  4. facilita l’esplicitazione di vissuti emotivi e esperienziali (di nuovo, immagino l’osservazione non si riferisca all’intervista di cognitivo-critica di Piaget
  5. Frison a questo punto parla di dimensione generativa di queste tecniche, ma non è chiaro a cosa si riferisca esattamente.

Vedi tutti gli articoli di Scienze dell’educazione.

Articolo contenuto sul sito www.orientamento.it. Autore Leonardo Evangelista. Leonardo Evangelista si occupa di orientamento dal 1993. Riproduzione riservata. Vedi le indicazioni relative a Informativa Privacy, cookie policy e Copyright.