Il bilancio di competenze: uno strumento per esplicitare le competenze tacite

Il valore nascosto dell’esperienza

Nel corso della vita, ognuno di noi sviluppa un insieme ricco di capacità e strategie operative che mette in atto nei contesti più diversi: sul lavoro, nel volontariato, in famiglia, nello studio. Molte di queste abilità vengono acquisite senza passare per una formazione formale e vengono utilizzate senza essere pienamente consapevoli di farlo. Sono competenze che funzionano, portano risultati, ma che non abbiamo mai nominato o descritto esplicitamente.

Queste competenze, spesso invisibili anche agli occhi di chi le possiede, vengono definite competenze tacite. Il bilancio di competenze, inteso come processo riflessivo e strutturato, ha proprio la funzione di farle emergere, nominarle, e renderle esplicite. È un percorso trasformativo che va dal “fare” al “sapere di saper fare”.


Conoscenza tacita e competenza tacita: una distinzione utile

Il concetto di conoscenza tacita nasce negli anni Sessanta con il filosofo e scienziato Michael Polanyi, il quale scriveva: “We can know more than we can tell” (“Possiamo sapere più di quanto siamo in grado di dire”). Con questa espressione, Polanyi voleva sottolineare l’esistenza di un sapere implicito, non verbalizzato, incorporato nelle nostre abitudini, percezioni, intuizioni, gesti.

Nel campo dell’orientamento e, in particolare, nel bilancio di competenze, ciò che interessa portare alla luce non è solo un sapere teorico non espresso, ma soprattutto ciò che le persone sanno fare nella pratica quotidiana: comportamenti efficaci, strategie d’azione. In questo caso, è più corretto parlare di competenze tacite.

In sintesi: la conoscenza tacita è un sapere implicito. La competenza tacita è un saper fare implicito. Ed è proprio quest’ultima che il bilancio di competenze aiuta a rendere visibile e valorizzabile.


Il bilancio di competenze come strumento di riflessione strutturata

Il bilancio di competenze non è un semplice elenco di saperi o una raccolta di titoli. È un percorso guidato di esplorazione di sé, che aiuta la persona a:

  • riflettere sulle esperienze significative del passato,
  • riconoscere le competenze che ha agito,
  • dar loro un nome e collocarle in un quadro di senso.

Attraverso strumenti come:

  • il racconto di episodi significativi (incidenti critici, successi, difficoltà superate),
  • le interviste di approfondimento,
  • le griglie di analisi delle esperienze,
  • la costruzione del portafoglio di competenze,

la persona è accompagnata a ripercorrere il proprio agire professionale o personale, e a trasformarlo in consapevolezza strutturata.


Dall’azione inconsapevole alla competenza dichiarata

Vediamo un esempio concreto.

Prendiamo Marta, 43 anni, che ha esperienza come volontaria in un centro antiviolenza. Attraverso la riflessione guidata e la rielaborazione delle sue esperienze, Marta arriva a riconoscere che:

  • ha sviluppato competenze relazionali complesse (ascolto empatico, gestione delle emozioni),
  • sa lavorare in rete con servizi sociali e forze dell’ordine,
  • è capace di sostenere percorsi delicati in contesti ad alta vulnerabilità.

Tutte queste competenze prima del bilancio erano presenti, ma non nominate, né riconosciute come spendibili. Ora sono diventate conoscenza esplicita, spendibile nel suo curriculum, nel colloquio, o nella progettazione di un nuovo percorso professionale.

Tutte queste azioni efficaci, inizialmente considerate “normali” o “scontate”, vengono riconosciute come competenze vere e proprie.

Ora Marta può descrivere con precisione ciò che sa fare, e questa nuova consapevolezza lo aiuterà a rilanciare il proprio profilo professionale, magari in contesti sociosanitari o formativi.


Perché rendere esplicite le competenze tacite?

Il passaggio da competenza tacita a competenza esplicita ha numerosi benefici:

  1. Aumenta la consapevolezza: sapere cosa si sa fare migliora l’autostima e la capacità di progettare.

  2. Rende il sapere comunicabile: nel CV, in un colloquio, in un colloquio di selezione o in un portfolio.

  3. Permette il trasferimento: competenze esplicite possono essere utilizzate in nuovi contesti, ruoli o settori.

  4. Valorizza l’apprendimento informale: tutto ciò che si è imparato “sul campo” diventa visibile.

  5. Alimenta l’autonomia: sapere come si è imparato qualcosa aiuta a imparare meglio anche in futuro.


Una risorsa per l’orientamento e l’inclusione

Il bilancio di competenze è particolarmente efficace per valorizzare i percorsi di chi ha vissuto esperienze non lineari o fuori dai canali tradizionali: persone che hanno imparato facendo, che hanno attraversato momenti di cambiamento, che hanno lavorato in contesti informali, volontariato, cura familiare, autoimprenditorialità.

In questi casi, l’esplicitazione delle competenze tacite è uno strumento di giustizia professionale: restituisce dignità, voce e valore a percorsi spesso invisibili.


Conclusione

Il bilancio di competenze non si limita a “mappare ciò che si sa”. Aiuta le persone a vedere ciò che non sapevano di sapere, e soprattutto a riconoscere ciò che sanno fare. Trasforma le competenze tacite in competenze esplicite, permettendo una nuova narrazione di sé, più consapevole, coerente e spendibile.

Come scriveva Polanyi, “Possiamo sapere più di quanto possiamo dire”. Ma grazie a strumenti riflessivi come il bilancio di competenze, possiamo iniziare a dirlo meglio, e a viverlo con più forza.


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Articolo contenuto sul sito www.orientamento.it. Autore Leonardo Evangelista. Leonardo Evangelista si occupa di orientamento dal 1993. Leggi Informativa privacy, cookie policy e copyright.