Il congedo straordinario per dottorato consente ai dipendenti pubblici di dedicarsi alla formazione e alla ricerca, mantenendo il trattamento economico, previdenziale e di quiescenza previsto dal loro contratto di lavoro per l’intera durata del corso, che spesso è di tre anni. Questo beneficio può essere ottenuto anche rinunciando a un’eventuale borsa di studio, opzione generalmente più vantaggiosa considerando gli importi delle borse in Italia.
Sebbene il dottorato miri a conferire competenze elevate, contribuendo potenzialmente all’incremento della produttività nella Pubblica Amministrazione (PA), l’attuale normativa presenta alcune criticità. In particolare, diverse università telematiche permettono l’iscrizione a dottorati senza obblighi di frequenza, esami o risultati concreti; inoltre, per alcuni dottorati all’estero non è nemmeno richiesta la conoscenza della lingua del paese ospitante. È importante sottolineare che, per ottenere il congedo retribuito, è sufficiente l’iscrizione al dottorato, senza l’obbligo di portarlo a termine. In caso di mancato completamento, non è previsto il rimborso delle somme percepite; solo i dipendenti che interrompono il rapporto di lavoro nei due anni successivi al conseguimento del titolo sono tenuti a restituire le retribuzioni erogate.
La possibilità per la PA di filtrare le domande di congedo per dottorato è limitata. Fino al 2010, le richieste non potevano essere respinte; con la riforma Gelmini (art. 19 della legge n. 240/2010), il congedo è concesso “compatibilmente con le esigenze dell’amministrazione”. Tuttavia, la giurisprudenza amministrativa ha interpretato questa clausola in modo molto favorevole al dipendente, ponendo un onere significativo sulla PA nel dimostrare l’esistenza di esigenze tali da giustificare il rifiuto del congedo.
Considerando i potenziali costi per la PA e le possibili situazioni di abuso, sarebbe opportuno pubblicare dati sul numero di congedi concessi e rendere più restrittivo l’accesso a tali benefici, al fine di garantire un utilizzo appropriato delle risorse pubbliche e assicurare che il congedo per dottorato sia effettivamente finalizzato all’acquisizione di competenze utili per la collettività.
Fonte: Articolo “Congedi Retribuiti per Dottorato: A Pensar Male si fa Peccato…” pubblicato su Osservatorio CPI dell’Università Cattolica.
Vedi anche l’articolo su Corriere della Sera
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