Un trend in corso da anni
Negli ultimi anni, le università americane, in particolare quelle dell’Ivy League come Harvard, sono diventate epicentri di un acceso dibattito sulla libertà di espressione. Federico Rampini, nel suo recente intervento sul Corriere della Sera Il caso Harvard era evidente quattro anni fa avverte che l’assalto di Donald Trump a queste istituzioni – fatto di tagli ai fondi e restrizioni sui visti per studenti stranieri – non è nato nel vuoto. Anzi, rappresenta una reazione distorta a un clima ideologico già compromesso.
Trump, con i suoi attacchi frontali, rappresenta un pericolo reale, ma Rampini insiste sul fatto che non si può ignorare il contesto che ha preceduto e favorito la sua retorica: «La libertà di espressione e il pluralismo sono stati sotto assedio a Harvard e in altre università molto prima che arrivasse Trump».
Il dominio della cultura woke
Secondo Rampini, la cosiddetta “woke culture” ha imposto un dogmatismo soffocante nelle università americane. Non si tratta solo di una svolta ideologica, ma di una vera e propria cultura della censura, che si traduce in:
1. Cancellazione sistematica di conferenze
Il “Disinvitation Database” di FIRE documenta decine di conferenze annullate perché l’oratore è stato giudicato inaccettabile, spesso per opinioni espresse anni prima, ritenute offensive da gruppi radicali. Le università si piegano a queste pressioni, revocando inviti per timore di proteste, boicottaggi o disordini, rinunciando di fatto al confronto intellettuale.
2. Censura ideologica nei contenuti e nel linguaggio
Rampini denuncia l’imposizione di un linguaggio politically correct estremamente rigido. È il caso, ad esempio, del divieto per i docenti di usare pronomi maschili o femminili nelle email, pena sanzioni disciplinari. Bisogna usare solo il neutro o formule come Latinx+ per rivolgersi alla popolazione ispanica, anche se – come ricorda Rampini – solo il 4% di questi cittadini preferisce tale definizione.
3. Polizia del pensiero e paura diffusa
Professori e studenti si autocensurano per timore di essere accusati di micro-aggressioni o appropriazioni culturali. In questo clima, la semplice espressione di un dissenso – anche educato – può comportare l’esclusione sociale o la perdita del lavoro. Alcuni dei “cancellati”, spiega Rampini citando l’articolo di Anne Applebaum The New Puritans vivono in un clima di paura tale da rifiutarsi di parlare anche sotto anonimato.
4. Egemonia nelle istituzioni
L’influenza della sinistra illiberale, formata nelle università élitarie, si è estesa al mondo dei media, delle aziende tecnologiche, delle scuole pubbliche e perfino nei manuali scolastici. Questa nuova classe dirigente ha assunto il controllo dei meccanismi di selezione e di definizione del discorso pubblico.
Oltre Trump: il paradosso delle epurazioni
La logica della cultura woke si fonda su una visione rovesciata della giustizia: poiché gli Stati Uniti sono stati fondati su sessismo e razzismo, è giusto limitare la libertà di espressione dei “privilegiati” per favorire le minoranze. In questa visione, togliere la parola non è censura, ma giustizia riparativa. Rampini definisce tutto questo un nuovo “Risveglio puritano”, con i suoi rituali: condanna pubblica, pentimento, espiazione. La cancel culture, lungi dall’essere progressista, assume tratti religiosi e fondamentalisti. Vedi anche We Have Never Been Woke: The Cultural Contradictions of a New Elite.
Un clima che alimenta la reazione
Questa metamorfosi delle università americane, da luoghi del libero pensiero a spazi di sorveglianza ideologica, ha offerto a Trump un potente pretesto per la sua crociata anti-élite. E nella sua base elettorale, composta in larga parte da persone senza titolo universitario, il risentimento verso queste “torri d’avorio” è antico e profondo. La sinistra, osserva Rampini, dovrebbe riconoscere le proprie responsabilità nel regalare a Trump questo bersaglio.
Conclusione
L’attacco alla libertà di espressione nelle università americane non è una partita a senso unico. È il frutto avvelenato di anni di intolleranza ideologica e di una deriva puritana mascherata da giustizia sociale. Per difendere davvero la democrazia liberale – e non solo dagli estremismi di destra – occorre denunciare con la stessa fermezza anche quelli che nascono a sinistra. Solo così sarà possibile recuperare l’università come luogo di confronto, dissenso e crescita intellettuale autentica.
Articolo contenuto sul sito www.orientamento.it. Autore Leonardo Evangelista. Vedi le indicazioni relative a Informativa Privacy, cookie policy e Copyright.